I principali Trattati che hanno segnato il percorso di quella che oggi si chiama Unione Europea
I principali Trattati che hanno segnato il percorso di quella che oggi si chiama Unione Europea, in un testo tratto da una conferenza dell’arcivescovo emerito Luigi Bressan sui valori cristiani nel Trattato di Lisbona.
Come tutti sappiamo, il 25 marzo 1957 fu firmato a Roma il “Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea” (CEE), che entrò in vigore il 1° gennaio 1958 con la ratifica da parte dei sei Stati fondatori (Francia, Italia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo). Questo Trattato fu basicamente rivisto a Maastricht il 7 febbraio 1992 e ratificato il 1° Novembre 1993; la CEE diventava allora Comunità Europea (CE): il cambio non era soltanto di nomi, ma introdusse una maggiore cooperazione intergovernativa.
Successivamente vi furono altre modifiche o meglio aggiustamenti ad Amsterdam nel 1997 (con la denominazione di Unione Europea) e a Nizza nel 2001 (in previsione dell’allargamento), ma i due testi sopra menzionati rimasero la base. Nella stessa città di Nizza durante il dicembre 2000 si trovarono insieme i responsabili del Parlamento Europeo, del Consiglio Europeo e della Commissione dell’Unione Europea per adottare la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione; essa fu rivista e aggiornata il 13 dicembre 2007.
Nel dicembre 2001 il Consiglio Europeo, cioè i capi dei governi dell’UE, riuniti a Laeken (Belgio) ritennero che fosse giunto il momento per convocare una Convenzione sul futuro dell’Europa, che in qualche modo elaborasse una nuova Costituzione. Il gruppo di redazione era presieduto dall’ex-presidente della Francia Giscard d’Estaing e i lavori, in mezzo a tanti dibattiti, tra cui quelli sulle radici cristiane dell’Europa, si concluse con l’approvazione da parte dei capi dei governi il 13 giugno 2003 e la firma solenne a Roma nel 2004.
Alcuni Stati poterono ratificare presto il documento; altri attendevano; Francia e Olanda lo sottoposero a referendum e la risposta fu negativa. A quel punto si capì che occorreva una revisione, ma si comprese che un testo avrebbe suscitato ancora molti dibattiti; si optò per portare una larga serie di emendamenti ai Trattati esistenti, con un metodo della Conferenza Intergovernativa (CIG) che fu criticato perché poco democratico e chiaro. In tal modo si giunse al “Trattato di Lisbona” del 13 dicembre 2007: in realtà sono modifiche al Trattato sull’Unione Europea e al Trattato della Comunità Europea, con l’Aggiunta della Carta dei Diritti Fondamentali. Per molte nazioni non occorreva più il referendum e i Governi approvarono il nuovo testo; l’Irlanda lo sottopose al vaglio popolare e ottenne una maggioranza contraria; ma poi si adattò anch’essa, avendo ottenuto alcune concessioni alle sue richieste. Il Trattato entrò così in vigore il 1° dicembre 2009.
Non si può dire che esso sia sostanzialmente differente dal progetto di Costituzione e comunque era di difficile lettura, in quanto non si ha più un testo compatto, ma una serie di revisioni ai due Trattati fondamentali, quello di Roma e di Maastricht, ma anche con Protocolli opzionali e con la possibilità di Dichiarazioni interpretative o escludenti certi impegni. Inoltre, la Carta dei Diritti Fondamentali (di Nizza, per intenderci, anche se formalmente adottata dagli Stati a Strasburgo il 12 dicembre 2007), non è più inserita nel documento di Lisbona, come era nella Costituzione (costituendone la parte II), ma è dichiarata “vincolante” dallo stesso Trattato, e quindi entra pienamente in vigore con esso.
In questo percorso va notato che i rappresentanti europei fanno fatica a riconoscere che esistano elementi culturali pienamente condivisi, anche se si è accennato a un “retaggio culturale comune”, ma vedono piuttosto le culture degli Stati e le loro diversità, e caso mai le testimonianze di un patrimonio culturale d’importanza europea. Il Preambolo della Carta dei Diritti riconosce che ci sono “valori comuni” e un “patrimonio spirituale e morale” dell’Europa.
Luigi Bressan
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