Così si abita la complessità

Grande pubblico per l'esordio della “Cattedra del confronto 2017” su una delle parole più problematiche di oggi

"Mi serve una mappa", afferma il matematico John Nash-Russel Crowe nel famoso film "A Beautiful Mind". E una mappa è ciò di cui ha bisogno l'uomo contemporaneo per orientarsi el mare della modernità che rende la navigazione sempre più complessa. Alcuni spunti di riflessione e interpretazioni sulla complessità, la prima de "Le parole dell'oggi" a cui è dedicata la 9ª edizione della Cattedra del confronto, percorso di riflessione promosso dall’Ufficio diocesano Cultura e Università in collaborazione con un gruppo di docenti dell’ateneo di Trento, sono state offerte dalla sociologa Chiara Saraceno e dal monaco Luciano Manicardi, neo-priore di Bose, intervenuti all'incontro di apertura, svoltosi lunedì 20 marzo in una gremita Sala della Cooperazione in via Segantini a Trento.

"Parole come complessità, velocità e fragilità risuonano in noi evocando subito esperienze concrete della vita quotidiana – ha detto nel saluto introduttivo don Andrea Decarli, direttore dell’Ufficio diocesano Cultura -: le mettiamo a fuoco per cercare di interpretare il nostro tempo, notandone la natura ambivalente poiché contengono anche aspetti positivi".

Al termine delle relazioni degli ospiti e di un breve video con spezzoni tratti da alcuni film sul tema, come di consueto è stato dato spazio alle domande della sala: come gestire questa realtà in modo umanamente sensato e fecondo? Come vivere la complessità senza lasciarsi travolgere dall'affanno di una vita scandita da ritmi che imprigionano in schemi apparentemente immodificabili, ma che ci fanno sentire in perenne ritardo su tutto? Come gestire l'angoscia derivante dall'essere responsabili di tutto, con il rischio di non riuscire, alla fine, a esserlo di niente? Che modello di spiritualità può far fronte a tutto questo?

"Il tempo è percepito come nemico, invece è per me – ha risposto Manicardi -: dobbiamo riscoprirne il profumo recuperando una dimensione contemplativa, soffermandoci sulle cose, abitandolo con gratuità e stupore. Ci può essere la percezione dell'angoscia, ma non possiamo avere il controllo della nostra vita ora per ora al fine di essere macchine sempre più efficaci, produttive, rapide: occorre assumere la coscienza del limite e vivere la responsabilità nei confronti degli altri e delle generazioni future con libertà e maturità".

"Oggi fa paura non tanto incontrare culture diverse – ha detto Saraceno – ma il fatto che non possiamo evitare le domande che i migranti in fuga alla ricerca di una vita migliore ci pongono rispetto ai loro bisogni. Dobbiamo riflettere ed elaborare nuove regole nei rapporti tra persone e con i mezzi di comunicazione, non basta dire mi piace o non mi piace. Il rapporto con il tempo è una questione di priorità: è importante fare cose piacevoli e inutili. Coltivare capacità critica significa anche essere disposti a mettere in discussione le proprie convinzioni. Come contrastare le nuove egemonie, dalla finanza a quella dei mezzi di informazione? Da cittadina dico: non pretendere di imporre la propria verità".

"Dire complessità significa frequentare inizi, mai giungere a conclusioni – ha detto a conclusione della serata l'Arcivescovo Lauro Tisi, presente in sala -, ed è un'opportunità per sviluppare l'arte umana dell'umiltà che ci invita a pensarci come un frammento e non come tutto. Ciò implica il frequentare il volto dell'altro che ti è sconosciuto e ti destabilizza, ma in tale incontro e apertura riconosciamo la stagione in cui ogni cosa può ricominciare, e per un credente questo è il percorso del discepolo che, come dice Buber, ogni giorno monta e smonta la sua tenda".

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