“Nuovi trentini nel mondo”

220 circoli e un legame che non si spegne con la terra d'origine. «Un DNA trentino? Serietà e pacatezza. Ma anche cibo e canto». «C'è una nuova ondata di emigrazione di giovani senza lavoro, soprattutto in Europa: ci piacerebbe si cercassero di più tra trentini». «Favorire relazioni personali e non rapporti economici: questa la nostra mission»

Che ci fa un 41enne nativo di Roma alla guida della Trentini nel mondo?

Mia madre è nonesa e quando avevo nove anni ci siamo trasferiti a Trento, dove ho frequentato la scuola e l’università. Ammetto: è stato difficile, ma col tempo ho imparato ad apprezzare il Trentino.

Ha alle spalle un’importante fetta di vita scout, 24 anni: cosa si è portato via?

È stata una formazione che mi ha fatto crescere, conoscere persone, apprezzare tanti valori, quello della gratuità del volontariato, della diversità del dialogo, una bella scuola insomma.

Una frase del fondatore dello scautismo Baden-Powell che l’ha accompagnata nella vita?

“Guarda lontano e quando pensi che tu stia guardando lontano, guarda ancora più lontano”.

I suoi studi?

Economia a Trento, dottorato in geografia, sono rimasto per un periodo in ambito universitario, poi in una ditta che produce carte geografiche a Milano e adesso per Trentini nel Mondo.

Trentini nel mondo nasceva con una chiara matrice politica. Oggi?

Nasceva in un epoca dove l’ideologia aveva un peso specifico, era un’emanazione della Democrazia Cristiana; ma oggi il mondo è cambiato radicalmente, le basi su cui si fonda la Trentini nel Mondo sono diverse: sono quelle del volontariato, del rispetto verso la diversità dell’umanità, la costruzione di una rete che accomuni tutti i trentini indipendentemente dalle loro posizioni politiche.

A proposito di matrici politiche, anche il mondo dell’autonomismo volle una voce a rappresentarlo e nacque l’Unione delle Famiglie trentine all’estero. Come sono i rapporti?

Ci sono stati periodi burrascosi, oggi questi tempi passati, si cerca di collaborare assieme, di superare le divergenze passate, si cerca di essere una voce che sia in grado di riunire i trentini in un'unica comunità.

Hanno ancora senso, anche in termini economici, due associazioni?

Credo che in alcuni casi il pluralismo possa essere un valore, l’importante è che non si traduca in conflittualità. Voci diverse sono cosa buona.

I numeri della vostra Associazione?

220 circoli nel mondo, con natura e dimensioni diverse. Quattro persone impiegate presso l’associazione, con più di una cinquantina di volontari. Io stesso ho avuto i primi contatti con Trentini nel Mondo da volontario nel 2003.

Qual è il vostro ruolo a livello centrale?

Trento coordina e sostiene i circoli nel mondo, allo stesso modo lavora per i trentini che vogliono conoscere le nostre realtà all'estero, soprattutto enti e istituzioni. Qui facciamo molto lavoro nelle scuole, percorsi sulla storia delle migrazioni, ma soprattutto sulla conoscenza delle nostre comunità all’estero.

Che cosa lega al Trentino emigrati ormai di quarta, quinta generazione?

Il legame è sorprendentemente fortissimo, anche a distanza di tanti anni; una terra che non hanno magari mai visto, ma a cui si sentono vicini, si riconoscono nelle montagne anche se vivono in ambienti piatti.

Come se lo spiega?

Ognuno ha bisogno di sapere da dove viene, li muove la ricerca dell'identità personale, ma allo stesso tempo la volontà di formare comunità con chi come loro si sente trentino. Ricerca di se stessi e voglia di dare al Trentino di farsi vedere essere riconosciuti.

C’è un DNA trentino da esportazione?

Penso che il trentino si distingua molto per la serietà nell’approccio ad alcune questioni e la pacatezza nel momento in cui si mette a parlare di cose serie. Altri due elementi forti che racchiudono una dimensione di identità sono il cibo e il canto: ci sono tanti cori trentini in giro per il mondo.

Ci fa un esempio concreto di come provate a sostenere i circoli?

Ad esempio stiamo lavorando per creare una rete inter-universitaria con l’aiuto dei circoli uruguaiani e argentini, tra le loro università e l’università di Trento. Il nostro è un fronte soprattutto culturale, organizziamo corsi di italiano nei circoli all’estero, ma lavoriamo anche sul campo della solidarietà in zone di particolare bisogno: Paraguay, Uruguay, Argentina. Ma anche situazioni di singole famiglie che hanno bisogno d’aiuto e sostegno nell’Europa orientale.

All’interno dei circoli operano forze volontarie o persone retribuite?

Interamente volontari non retribuiti, gran parte delle attività dei circoli non sono sovvenzionate. La Provincia sostiene singoli progetti qualificanti per il Trentino e i trentini.

Si registra un'emigrazione di ritorno?

Credo sia un po’ attenuata, si registra invece un’emigrazione nuova, molto importante, percepita un po’ da tutti, ma poco visibile nei suoi grandi numeri. Da quattro, cinque anni, dalla crisi economica, ci sono numeri sempre in aumento di giovani che si trasferiscono, soprattutto in paesi dell’Europa. Non necessariamente “cervelli”, ma anche lavoratori che per motivi dei crisi non riescono a trovare sbocchi. Il problema della quantificazione di questi spostamenti è forte, non esistono statistiche ufficiali che li monitorizzino. La percezione diffusa è che si parli di numeri nell’ordine delle migliaia.

Una volta all’estero cercano i nostri circoli?

Qualcuno si, molti no, ci piacerebbe che ci cercassero di più; è importante che la Trentini nel Mondo sia sempre presente si faccia conoscere e cerchi sempre nuovi contatti, nuovi circoli dove questi non sono ancora presenti. Molti non sanno che esiste questa opportunità…

I social e la rete quanto aiutano in questo?

Sono indispensabili, anche se difficili da gestire e sfruttare bene. Servono competenze che stiamo acquisendo, attenzione e tanto tempo. Siamo già su Facebook, Twitter, abbiamo una mail, il sito, ma è necessario un ulteriore potenziamento.

C’è una mission specifica nel suo mandato?

Credo che la fase che stiamo attraversando richieda la costruzione di una nuova rete di trentini all’estero legata alla nuova migrazione. La seconda priorità è mantenere e mettere in comunicazione la rete esistente con la nuova rete di contatti e con il Trentino. Il valore di Trentini nel Mondo sta nelle relazioni personali, non mi interessa creare opportunità economiche per le aziende. Noi mettiamo insieme il professore universitario con l'operaio analfabeta. Gli emigrati trentini possono dare molto: vanno cercati e valorizzati.

Quanti circoli ha visitato?

Almeno una quarantina; ne ho visitati da volontario, da dipendente e lo farò anche da direttore.

Le è capitato spesso di andare in luoghi dove era impensabile sentir parlare di Trentino?

È sorprendente come in località sperdute come all’interno della provincia di Cordoba in Argentina, negli Stati Uniti, in California, ma anche in Europa, nel Belgio, in Germania le persone riconoscano subito il Trentino in un’accezione positiva.

La sua opera di direttore si innesta su un percorso lungo, precedenti direttori hanno lasciato il segno. Mi consenta un riferimento a Rino Zandonai, scomparso tragicamente con Zortea e Lenzi al rientro da un viaggio di lavoro in Brasile nel 2009. Il suo ricordo?

Lo conobbi prima come volontario, poi da dipendente. Era un uomo di grandi valori umani, sensibilità, impegno, in questo c’è molto da imparare e da costruire.

Parola d’ordine, rigorosamente in dialetto trentino, per l’attività che ha davanti?

Scominzién.

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