Il fisco e lo sport sono oggi sempre più indissolubilmente legati e devono essere osservati da nuove angolazioni e da nuove prospettive, non solo nazionali, per continuare a permettere una crescita senza barriere e senza confini. Se n'è discusso a Trento, la scorsa settimana, all'interno di una giornata di studio organizzata dal Cono, che ha permesso agli esperti del settore di confrontarsi sul tema.
“È di regole chiare, più che di riforme e agevolazioni, che questo mondo avrebbe forse bisogno”, ha affermato Gianluca Chiarioni, dell'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bologna. Una tesi sostenuta pure da Martinelli, già docente a Trento di Legislazione sportiva. “Il problema maggiore è legato proprio allo status degli atleti dilettanti. Non basta dire che l'attività sportiva dilettantistica è tutta quella che non è riconosciuta come attività sportiva professionistica, perché sono dilettanti anche e solo quelli che praticano una delle 384 discipline riconosciute dal CONI con una delibera dello scorso 14 febbraio”, ha precisato il giurista bolognese. “Il lavoro sportivo è come un puzzle a cui mancano sempre dei pezzi. A parità di netto, il giocatore professionista costa alla sua società il 48% in più del dilettante. I contratti andrebbero fatti al lordo”.
I redditi di uno sportivo professionista derivano da attività con la squadra di appartenenza e la Nazionale, dall'utilizzo dell'immagine sia con il club che con la selezione e dall'utilizzo dell'immagine concessa a imprese commerciali. “Lo sportivo professionista esiste solo nel calcio maschile di Serie A, B e Lega Pro, nel massimo campionato maschile di pallacanestro, nel ciclismo maschile e femminile sia su strada sia su pista e nel golf, anch'esso maschile e femminile. Settori disciplinati dalla Legge n. 91 del 1981”, ha ricordato l'avvocato Sandro Censi, del foro di Bologna. “A causa della 'Sentenza Kolpak' del maggio 2003, riguardante un portiere di pallamano, si è creata però la categoria di quelli che possiamo definire sportivi professionisti di fatto, dipendenti e autonomi”.
Attori dello sport dilettantistico senza scopo di lucro sono, invece, le associazioni sportive con o senza personalità giuridica, le Onlus, le società sportive di capitali (S.p.A. o S.r.l.) e le società sportive cooperative.
Per assolvere le incombenze fiscali, le associazioni sportive dilettantistiche, quelle senza fini di lucro, le Pro loco, le associazioni bandistiche, i cori amatoriali e le filodrammatiche possono applicare il regime agevolativo della Legge n. 398/91. “Questa legge ha apportato sostanziali novità nel panorama normativo del terzo settore, favorendo quegli enti che, accanto all'attività istituzionale, intendono svolgere anche un'attività di natura commerciale”, ha chiarito Monica Mussi, capo area Persone Fisiche ed Enti non commerciali dell'Agenzia delle Entrate di Trento.
Nessun dubbio, invece, sulla qualifica di lavoratore autonomo per il maestro di sci. “Rientra tra le cosiddette professioni intellettuali, per le quali esiste un albo”, ha specificato Maurizio Bonelli, presidente dell'AMSI, l'associazione che rappresenta 12.000 maestri e 390 scuole distribuite su tutto il territorio italiano.
È un imprenditore, al contrario, il procuratore sportivo. “Parliamo di una figura nata con la Legge n. 91/81 e che ha tratto slancio dalla cosiddetta Sentenza Bosman del dicembre '95, grazie alla quale i calciatori sono sottoposti al principio della libera circolazione dei lavoratori comunitari”, ha chiosato l'avv. Mattia Cornazzani, del foro di Ravenna. “Da un punto di vista giuridico, quella del procuratore è un'attività di impresa. Dal 1° aprile 2015, con l'abolizione del sistema di 'agente FIFA' risalente al 2001, per arrogarsi il diritto di fare l'intermediario, come viene chiamato adesso, bastano 650 euro. Venuta meno la licenza, oggi non ci sono più nemmeno albo e, per ammissione dei vecchi procuratori, professionalità”.
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