Trentamila esseri umani, dal 1988, sono morti alle frontiere dell'Europa, cercando una terra che li accogliesse. Fuggivano dalla guerra e hanno trovato la morte nel mare nostro. Ma non è, non deve essere un destino ineluttabile. La storia di Badheea Satouf e della sua famiglia lo dimostra.
Badheea è una dei 93 siriani che un anno fa, esattamente il 29 febbraio 2016, partendo da un campo profughi del Libano sono arrivati sani e salvi in Italia. In aereo, senza doversi mettere nelle mani dei trafficanti oppure affidarsi a un barcone. Un viaggio sicuro grazie al primo corridoio umanitario organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Tavola valdese, dalla Federazione delle Chiese evangeliche, dopo che i corpi civili di pace dell'Operazione Colomba della Comunità Giovanni XXIII avevano protetto i profughi durante la permanenza nei campi in Libano.
Mattia Civico, che ha partecipato al primo corridoio umanitario ed è diventato amico di Badheea e della sua famiglia, racconta nel libro “Badheea. Dalla Siria in Italia con il corridoio umanitario” (Il Margine) in prima persona la storia di una donna che ha sofferto, ma non ha mai smesso di sperare.
"Le proteste a Homs – racconta Badeeha – continuavano e continuavano i combattimenti, sia per strada che dal cielo. Ogni protesta era soffocata nel sangue. Portavo i feriti a casa mia. Io strappavo i vestiti e ne facevo garze per fermare il sangue…". Il marito morto ancora giovane, nove figli, di cui uno rinchiuso nelle carceri del regime, un altro strappato a colpi di ciabatte dalle mani della polizia segreta, la paura della repressione e delle bombe: Badheea si racconta con le parole semplici di una donna coraggiosa e piena di vita, anche in mezzo agli agguati della morte.
“Penso al milione e mezzo di profughi ancora oggi fermi in Libano senza un posto dove stare, senza una meta verso cui camminare, senza patria a cui tornare. E' diaspora di un intero popolo di cui un giorno i nostri figli e i loro figli ci chiederanno conto. Non potremo certo dire che non sapevamo e che non abbiamo visto. Potremo però forse raccontare di aver messo i nostri piedi accanto ai loro e di aver tentato di aprire insieme strade nuove”, scrive Mattia Civico nell'introduzione. Il libro di Badeeha non è solo una fra le tante biografie dei 65 milioni di profughi del mondo. È la testimonianza che c'è un altro modo di lasciarsi alle spalle la guerra, che c'è un altro modo di accogliere. Anche se la politica populista dei muri e del rifiuto oggi sembra vincente.
Il libro sarà presentato sabato 4 marzo alle 11 presso il Polo culturale diocesano Vigilianum in via Endrici a Trento. Interverranno, con l'autore, Badheea e Abu Rabiha Satouf, l'arcivescovo emerito Luigi Bressan e Vincenzo Passerini, presidente del Cnca Trentino – Alto Adige.
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