Patto preelettorale, “idea da respingere”

Prof. Zanutto, cosa la colpisce del clamore mediatico attorno a questa sentenza?

Colgo una doppia attenzione per certi aspetti paradossale: da una parte c'è una sorta di desiderio oggi di vedere sul palco degli imputati qualche politico. Dall'altra parte, il politico non avverte alcun tipo di perplessità nel sottoscrivere un tipo di accordo che risulta problematico anche al più lontano degli esperti. La domanda che questa vicenda pone è: perché si può arrivare a scendere ad un patto preelettorale di una robustezza così imbarazzante fra chi cerca il consenso politico e chi ha un consenso politico da offrire?

Lei presiede oggi la gloriosa Scuola di Preparazione Sociale, palestra di educazione politica. Come vede il reato di corruzione elettorale?

Mi fa pensare la nonchalanche, la quasi normalità con la quale è stato gestito questo accordo. A fronte del desiderio di qualcuno di riuscire nel suo percorso di competizione politica c'era qualcun altro che aveva desiderio di catturare per sé questa rappresentanza.

Il tema è allora cosa significa fare politica: per Paolo VI, come ricordiamo sempre agli allievi della Scuola, essa era “la più alta forma di carità”. Ma purtroppo è un mestiere che i partiti non insegnano più e i “battitori liberi” possono inventarsi strategie per riuscire a campeggiare. Penso a vicende simili come la selezione dei politici Cinque Stelle con un’esiguità di voti di differenza che possono essere manovrati con un clic. Invece dobbiamo dirci che la politica deve essere fatta di sudore e pazienza, di rapporti con le persone e presa in carica dei loro bisogni; deve essere affrontata con spirito di servizio, non di competizione.

La difesa degli imputati afferma che la quota di sostegno mensile non fu mai versata…

Ma è l'idea stessa di contrattualità che è da respingere. Se nella Costituzione il rappresentante politico non deve avere vincolo di mandato, tanto meno un consigliere deve avere un vincolo di mandato da un'associazione che può avere interessi specifici e politicamente rilevanti come gli Schutzen. Altrimenti è un fallimento della politica.

Eppure capita spesso di sentire una realtà associativa lamentarsi per il distacco/disinteresse che un candidato una volta eletto tiene nei confronti dei mondi che si sentono da lui rappresentati.

E' un rapporto delicato. Soprattutto il volontariato trentino poi è strettamente vincolato agli “erogatori istituzionali”; in politica quindi alla base resta la responsabilità personale di ciascuno, la qualità delle persone e dei rapporti.

In una realtà piccola si crea facilmente un conflitto di interessi…

Esatto, ma va presidiato e vigilato con attenzione. Va evitata la politica del contraccambio e la logica clientelare. Ma in positivo preferirei parlare di corresponsabilità: se sono stato eletto dentro un orizzonte culturale e valoriale in cui mi riconosco devo esercitare con trasparenza questo riconoscimento.

Un problema è dato dal fatto che lo stesso volontariato così diffuso in Trentino non ha corpi intermedi di rappresentanza: si preferisce il contatto diretto eletto/associazione piuttosto che passare da una realtà di mediazione. A questo si aggiunge che purtroppo il politico, dopo essere entrato nel palazzo, cambia prospettiva e guarda in modo diverso alla corrispondenza e alla corresponsabilità con il mondo che lo ha espresso.

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