Padre Mario, “santo nella normalità”

Fratel Gianni Della Rizza racconta la beatificazione in Laos: “Un evento comunitario”. E il governo laotiano? “Ci sono segnali di apertura”

Fra i pochi sacerdoti europei che hanno potuto partecipare l’11 dicembre scorso in Laos alla beatificazione di padre Mario Borzaga c’era fratel Gianni Della Rizza, il missionario di origine ma molto legato al Trentino. Lo abbiamo incontrato in Thailandia da dove in questi anni ha svolto anche un ruolo di ponte per varie progetti di condivisione dell’Associazione “Amici di padre Mario Borzaga”.

Con quale spirito ha partecipato a quell’Eucaristia a Vientiane?

Lo sentivo un privilegio, ma nello stesso tempo anche un forte desiderio. C’era preoccupazione alla vigilia per alcuni precedenti tristi: ad esempio, quando è stato ordinato il primo sacerdote i militari hanno circondato la chiesa e non hanno permesso l’ordinazione. In un altro caso, hanno concesso l’ordinazione di un vescovo, ma senza folla. Quindi anche per padre Mario si era diffusa questa voce che sconsigliava la partecipazione.

Lei invece è partito dalla vicina Thailandia, non si è lascito intimorire …

Ero deciso ad andare sia perché conosco padre Mario ed ho letto tutti i suoi scritti, sia perché conosco la sorella Lucia, anche per rappresentarla, come le avevo promesso.

Quando sono arrivato davanti alla cattedrale del Sacro Cuore di Vientiane sono rimasto impressionato dalle tantissime sedie posizionate in fila. Alla Messa celebrata alla vigilia erano presenti 120 preti, vescovi, cardinali, un popolo di fedeli in festa. Quanto tempo ci avranno messo – ho pensato – a preparare una festa così perfetta con fiori, recite, rappresentazione delle storie di ogni martire …

E il giorno della beatificazione?

Sono andato lì un’ora prima; c’era un banco vuoto con la scritta “riservato per i fedeli di altre fedi”. Mi sono seduto. Una suora mi ha riconosciuto e le ho detto “Oggi sono mussulmano” (sorride ndr). Non me la sentivo di rimanere in piedi durante tutta la celebrazione durata dalle 9 a mezzogiorno.

Un clima di profonda partecipazione…

Sì, molto sentita. C’era un’atmosfera di silenzio, di gioia tra i fedeli, che poi hanno festeggiato con canti e balli tradizionali, tra la sfilata delle bandiere del mondo. Oltre mille fedeli, 170 sacerdoti, tre cardinali, in prima fila anche i rappresentanti del governo laotiano. Ed è stato significativo l’intervento delle autorità che hanno espresso la necessità di avviare un percorso insieme.

Quali sono oggi le difficoltà per i cristiani?

Ci sono regole rigide che non permettono si faccia catechismo senza permesso. Il problema sono i protestanti, arrestati, espulsi e che poi cambiano nome, per fare ritorno in Laos. Questo va anche a scapito dei cattolici. I militari non sanno distinguere tra protestanti e cattolici e quindi per non perdere il posto fermano chiunque non sia in regola.

Cosa rappresenta padre Mario per i laotiani?

Non solo padre Mario, ma tutto il gruppo dei beati, direi. La beatificazione era per i martiri laotiani di cui padre Mario fa parte.

Con lui il giovane catechista Paolo…

Il riconoscimento collettivo è significativo. La beatificazione è durata molto perché erano 17 tra sacerdoti, religiosi e laici. Ammiro molto la figura di Paolo, perchè il catechista laotiano poteva salvarsi. “Padre Mario ha fatto del bene al Laos” ha risposto ai guerriglieri e ha deciso di morire con lui. Ci fa capire che già la fede dei primi missionari aveva messo radice tra la gente, disposta a morire pur di non tradire le persone che l’ avevano istruita e convertita.

Ha avvertito un clima nuovo da parte del governo laotiano, meno rigido? Sta cambiando qualcosa?

Ci sono segnali di apertura. Il nuovo presidente mi ha mandato un invito per discutere su quali progetti condivisi si potessero avviare per il Laos. Parlerei di apertura all’incontro con chi vuole aiutare il Laos a svilupparsi. Bisogna tener presente che è cominciato da un anno il mercato comune asiatico e chi non si apre rimane escluso, indietro.

Cosa cambia nella vostra azione?

Vogliamo continuare a mantenere i contatti con il Laos, in amicizia. Portare avanti progetti, come ad esempio la scuola, significa essere riconosciuti come Chiesa che si adopera per i poveri. L’associazione di Trento guidata dalla sorella Lucia Borzaga aiuta nella raccolta di materiale scolastico per i bambini. Sono in cantiere altri due edifici con il dormitorio per le ragazze. Vorrei anche dire grazie all’arcivescovo emerito mons. Bressan.

Come “sente” il messaggio di padre Mario?

Era una persona normale, ma i santi devono essere persone normali. Basta leggere i suoi diari per capire la sua fatica, ogni giorno dover ricominciare. Quando scrive ad esempio «..sono partito per convertire la gente e sono qui e mi ritrovo davanti all’altare con tre bambini nudi, e nessuno in chiesa» Come nel libro a lui dedicato “Il sogno e la realtà” dove il sogno di essere missionari s’infrange con la realtà di arrivare in un paese dove nessuno ti guarda. Una realtà diversa dal sogno. Ma padre Mario non si scoraggiava mai. Anche noi possiamo essere santi nella normalità, e sviluppare ogni giorno il nostro rapporto con Dio.
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