Lo “strabismo” dell’azione pubblica, che guarda in direzioni (apparentemente) contrarie, è una virtù da coltivare
Benché non manchi qualche buona notizia, quelle cattive, fra aziende in crisi, esuberi e chiusure, suscitano vari interrogativi sulle politiche economiche dell’autonomia. Eppure queste hanno un merito (non sempre compreso) che con modalità diverse accomuna i governi succedutisi nei quarantacinque anni del secondo Statuto: l’aver sostenuto i «dualismi virtuosi» del Trentino, cioè le sue caratteristiche contrastanti che si valorizzano a vicenda, rafforzando il sistema (pur non potendo immunizzarlo dalle crisi).
Queste sinergie fra opposti partono dal dato geografico: gran parte del territorio è collinare o montagnoso, ma è da sempre crocevia di grandi flussi di traffico e di cultura. È dunque allo stesso tempo area alpina e area di scorrimento, periferia e centro. La montagna e la vicinanza al cuore dell’Europa sono per il Trentino doni della natura: il primo gradito, il secondo meno. La prospettiva europea è stata spesso vissuta con fastidio, se non con vere battaglie campali: si pensi alle regole in materia di aiuti alle imprese, di appalti e di concessioni di cava. Le politiche in questo caso hanno preceduto e forzato il sentimento collettivo, che forse è solo un po’ conservatore: speriamo allora che lo sia altrettanto oggi, nel non lasciarsi trascinare dal vento antieuropeista che soffia nel continente.
Questa collocazione del Trentino al centro del fermento industriale ha comunque favorito, accanto all’economia montana (turismo, artigianato, agricoltura), l’insediamento di importanti poli produttivi. La piccola e la media dimensione d’impresa – nonostante la netta prevalenza della prima – hanno così finito per convivere. Una massiccia domanda pubblica e generosi incentivi hanno aiutato entrambe, non senza critiche da una parte o dall’altra: troppi soldi all’industria, troppi al turismo, nanismo, mancanza di distretti e via di seguito. L’azione stimolatrice pubblica si è in realtà preoccupata della qualità degli investimenti, favorendo la «contaminazione» fra le diverse ali dello schieramento imprenditoriale. Il rapporto fra l’economia montana e l’innovazione si è irrobustito, riavvicinando il sapere al saper fare, la tradizione con la modernità (cioè il dualismo tipico della moderna impresa artigiana). Nonostante la pervasiva presenza pubblica, l’imprenditoria è oggi più vivace di quanto si dica e i due mondi, pubblico e privato (ulteriore ambivalenza spesso oggetto di critiche) si integrano con relativo equilibrio.
Il Trentino non si è sottratto nemmeno al contrasto sfidante fra l’industria e l’ambiente, conciliabile grazie a nuove professioni, a produzioni non inquinanti e a tecnologie protettive. Molti i casi emblematici, raccontati anche da Vita Trentina.
Morale: lo «strabismo» dell’azione pubblica, che guarda in direzioni (apparentemente) contrarie, spesso scambiato per mancanza di progettualità, se non per mero calcolo politico, è invece una virtù da coltivare. Come nella gravitazione universale, queste attrazioni di forze opposte governano la dinamica del sistema e, prima o poi, lo spingeranno definitivamente fuori dal cono d’ombra della crisi.
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