La prossima settimana, dunque, torna in scena il grande spettacolo comunitario che già, di fatto, si sta consumando negli oratori grazie anche allo stimolo dell’associazione diocesana “Noi”: mamme, papà, bambini, adolescenti e giovani al lavoro in vista di un pomeriggio colorato dai coriandoli e addolcito grostoli. Per questa edizione, domenica 19 febbraio per le vie della città, l’oratorio di Pergine ha deciso di farsi una risata alle spalle del programma che tiene incollati al televisore tutti i sognatori culinari del mondo: MasterChef.
La “ricetta” che ha portato a questa scelta rivela due ingredienti fondamentali, la semplicità e l’attualità: “Una volta molte mamme dei nostri paesi erano delle sarte, per cui a carnevale venivano confezionati in casa dei costumi molto belli, ma anche molto complessi da realizzare” – spiega Mattia Diffini, giovane presidente del NOI di Pergine – “la nostra idea di partenza è stata un costume semplice, che permettesse di essere realizzato da ognuno, così da evitare i costumi comperati al supermercato che ormai vanno per la maggiore. Così siamo arrivati all’idea di MasterChef, dove per travestirsi da cuochi stellati basta davvero poco, riuscendo a conservare la…genuinità del carnevale fatto in casa”.
Con addosso una maschera “firmata” dai pennarelli su ecologico materiale anche di riciclo è più genuino inventarsi personaggi che ironizzano sulla severità dei mitici cuochi Cracco e Bastianich e per gli animatori, accompagnati dal vicario don Paolo Vigolani, c’è anche la possibilità di valorizzare tanti talenti nascosti e favorire una gioiosa relazione fra i ragazzi.
Ma non è tutto qui: il carnevale comunitario aiuta a gettare ponti con le altre persone che operano sul territorio. Nel caso di Pergine da un paio d’anni l’Associazione NOI ha coinvolto il Comune e la Pro Loco per trasformare due piccole feste separate in una grande festa che coinvolge tutta la città, permettendo così che al carnevale non manchi nessuno dei suoi ingredienti tipici: la pastasciutta preparata dagli alpini accompagnata dall’aranciata offerta dagli animatori dell’oratorio, l’intoccabile lotteria di carnevale, fonte storica di piccole vincite e di grandi delusioni per chiunque abbia mia comprato un biglietto, il palco per la sfilata delle mascherine e per i discorsi delle autorità; e ancora, la sfilata dall’oratorio Don Bosco alla piazza del teatro, con coriandoli, stelle filanti e tanta allegria (questi sì!) a carico dei partecipanti.
Si potrebbe pensare, in sintonia con la storia stessa di questa festa, che il carnevale corrisponda al rovesciamento dei valori e della tradizione cristiana: uno spazio di anarchia che consente di salutare la carne prima della quaresima (“Carnem levare”, dal latino) con grosse libagioni e grasse risate. Ma, se andiamo a vedere bene, il lascito del carnevale nel caso degli oratori va oltre i coriandoli che rimangono sulle strade da ripulire: è relazioni tra persone costruite grazie al pretesto di travestirsi per fare quattro risate.
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