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E’ morto oggi all’età di 66 anni alla casa di riposo di Nomi Arturo Caumo, il “barbone” buono come lo chiamava don Dante, tra i più amati dalla comunità trentina.
Una vita segnata dalla solitudine. La famiglia originaria di Ronchi Valsugana è sempre stata assente. Ha ricevuto il sostegno dell’ assistenza sociale che lo ha seguito prima con l’affido come minore presso una famiglia di Regnana poi inserito nel primo esperimento di Scuola speciale a Nomi dove dopo una vita sulla strada è stato accolto nella casa di riposo. “Di animo buono – lo ricordo con affetto Paolo Cavagnoli – che lo ha assistito fin da piccolo e curato come fosse uno di casa e come curava e cura tutti i casi che aveva in affido”. Arturo lo chiamava “l’assessore” ma il suo rapporto affettivo trovava nell’assistente una guida che lui seguiva fedelmente. “Ci lascia una figura emblematica del tessuto sociale che molti trentini ricordano con simpatia. Arturo era sicuramente, anche nei momenti in cui l’alcol gli rendeva la vita difficile, un uomo buono, generoso e con una capacità e equilibrio apprezzato da tutti”.
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