Il 25 dicembre a Navidad, villaggio nella foresta raggiungibili solo navigando o a cavallo
E’ mezzogiorno del 22 dicembre quando il piccolo aeroplano atterra a S. Francisco de Mojos, un paesino nella foresta, composto da circa 70 famiglie, dove veicoli con ruote hanno accesso pochi giorni all’anno e la comunicazione è possibile solo con piccoli aeroplani o con alcuni giorni di navigazione per i fiumi sinuosi dell’Amazzonia o a cavallo di villaggio in villaggio. Antonio, classe 1944, il vecchio animatore religioso del paese, mi aspetta sulla pista d’atterraggio. Mi comunica subito una sua idea: a 25 chilometri da S. Francisco c’è il villaggio di Navidad (Natale) che il 25 dicembre celebra la sua festa; sono anni che non va nessun prete… propone che il gruppo degli animatori di S. Francesco celebri nel paesino e che io possa andare a Navidad assieme a lui. Mi piace l’idea e mi metto a sua disposizione; da quel momento Antonio comincia a organizzare il viaggio.
La partenza sarà all’alba del 24. Andiamo con Antonio a parlare con Ciro, capo villaggio di Navidad. Lo troviamo nella sua casupola: è appena arrivato e ci rassicura dicendo che durante la notte lo raggiungeranno altre persone da Navidad portando i cavalli per me ed Antonio. Fissiamo la partenza per le quattro della mattina per viaggiare prima che il caldo sia eccessivo. Alle quattro, alla luce delle torce, ci troviamo, straordinariamente puntuali, a casa di Ciro. Sta sellando un solo cavallo, il suo, perché gli altri non sono arrivati. “El padrecito va a caballo, nosotros a pie!” è la sua sentenza…
Alle quattro e mezza cominciamo la cavalcata-camminata verso Navidad.
Nella mia immaginazione tornavano alla memoria quelle vecchie stampe che presentano S. Giuseppe che accompagna Maria a cavallo verso Betlemme: la cosa stonata ero io al posto della Madonna… però per il resto la devozione c’era tutta. Altre cose stonate erano le nuvole di zanzare che ci coprivano fra un colpo di straccio e l’altro, e il sentiero nella foresta, dove in varie occasioni Ciro, Antonio ed il cavallo affondavano i piedi nel fango fino al ginocchio.
Arrivammo a Navidad dopo cinque ore di viaggio. Varie tutume (guscio legnoso di un frutto che si usa come scodella) di chicha fresca e un’amaca ci aspettavano.
Le sette famiglie che compongono Navidad vedevano aumentare poco a poco la gente nel villaggio: arrivavano per la festa dai paeselli vicini e dalle imprese di bestiame sparse nella foresta della zona.
Passammo la giornata fra le varie attività prefestive del villaggio: macellare il bestiame per i banchetti della festa, preparare il campo da calcio per l’immancabile campionato, adornare e colmare di doni l’albero della cuccagna, completare lo steccato per il piazzale dove si cimenteranno nel montare i tori, preparare il presepio nella sala di riunione del villaggio, visto che la cappellina da vari anni è rovinata. E tutto questo fra il giocare chiassoso dei bambini, l’accoglienza calorosa ai nuovi arrivati, la chicha sempre a disposizione per calmare la sete, i nitriti e gli sbuffi dei cavalli che si riconoscevano fra loro, raggruppati a Navidad dalle località più diverse dopo tanti pantani e sentieri attraversati.
All’imbrunire alcuni giovani pratici di motori cominciano a litigare col generatore di luce che non vuole funzionare… sarà il carburatore? Il filtro? La candela? Eppure Ciro aveva speso un capitale per portarlo a S. Francisco e da lì in aereo a Trinidad per farlo aggiustare…
È ormai notte fonda quando cominciamo la Messa alla luce delle candele… Le zanzare non aspettano il canto iniziale e fanno coscienti e fameliche il loro lavoro.
Siamo 50 o 60 persone riempiendo il salone del villaggio. Quando cantiamo il gloria (un po’ stonati, per certo…) scopro il Bambinello che giaceva nel presepio coperto con un panno bianco e lo presento all’adorazione dei fedeli, passando accanto ad ognuno. Chi lo tocca, chi lo bacia, chi si fa il segno della croce… le vecchiette nel loro tipoy bianco fanno la curiosa riverenza mojeña… un misto fra inginocchiarsi e fare un saltino… sembra un insolito passo di danza…
Terminato il gloria si accendono inaspettate le luci: le bizze del generatore sembrano essere terminate…
Conclusa la Messa comincia la ronda di caffè e cioccolato con pagnottelle di frumento, di riso, di manioca, inframmezzate con abbondanti tutume di chicha. È quasi mezzanotte quando arriva la carne arrostita nei grandi forni a legna delle famiglie del villaggio.
Io approfitto del trambusto per andare a dormire. La stanza che Ciro mi ha destinato ha due letti, uno per me e uno per Antonio, però altre due famiglie si sono istallate lì sul pavimento, e per arrivare al mio letto, devo passare fra le zanzariere appese come piccole logge a protezione dei giacigli. Io preparo la mia in fretta prima che entrino le zanzare… mi svesto lì sotto e mi addormento facendomi macchinalmente aria col mio straccio.
Alle due mi sveglio un momento, perché arrivano le famiglie alloggiate con noi, cessa il rumore sordo del generatore e il buio della foresta prende possesso di tutto il villaggio… l’esuberante silenzio della notte dà via libera all’allegra sinfonia di rane, grilli ed uccelli notturni. L’afa si placa, la zanzariera tiene a bada le zanzare… è la notte di Natale nel villaggio di Navidad!
Alla mattina una tazza di cioccolata con pagnottelle di riso è la mia colazione, anche se la carne di mezzanotte non mi ha lasciato molto appetito. Sto mangiando con due o tre commensali sotto un albero di mango, quando mi chiamano: mi aspetta la patasca!
La patasca è la colazione tipica delle feste: è una minestra dove la testa della vacca ha bollito tutta la notte e quando si è ormai sfatta, si tolgono le ossa e si aggiunge mais… devo dire che è buona, anche se non è facile capire a che parte anatomica corrisponda ogni cucchiaiata.
Oggi, dopo la colazione con cioccolata, la patasca non mi invoglia per nulla e così svicolo via, con la scusa di andare a preparare la Messa… però era proprio lì, nel salone del villaggio improvvisato come cappella, che si stava servendo la saporita e tipica patasca… me ne arriva subito un piatto ricolmo e mi siedo a tavola. Mangiando e scherzando arrivo alla fine del piatto… ridiamo e ci divertiamo assieme quando, avendo masticato qualcosa di duro, lo tolgo dalla bocca e mi ritrovo con un dente incisivo della vacca: la lunga radice lo fa sembrare una zanna di tigre, e così fra risate e battute nell’allegria della tavolata, lascio il mio posto ad altri commensali.
La Messa della festa, i battesimi attesi da tempo, la pittoresca e devota processione, le raccomandazioni dei padrini, il campionato di calcio, il pranzo conviviale, le bravate coi tori, l’allegria dei bambini, l’arrampicata sull’albero della cuccagna, le impertinenze degli ubriachi, le tutume di chicha, la cordialità degli abitanti, l’amicizia generale… sono alcuni degli ingredienti che riempiono la giornata festiva con tanta abbondanza, che né l’afa soffocante, né il fastidio delle zanzare conseguono rovinare la festa.
Ed anche questa notte la zanzariera è la sospirata eroina della mia giornata. Alle quattro del mattino ci sellano due cavalli e io e Antonio ripartiamo alla volta di S. Francisco.
Quattro ore di cavalcata fra sentieri e pantani, vegetazione ed animali, nuvole e rischio di pioggia, mi permettono ripassare i due giorni vissuti a Navidad: se il giorno di Natale il mio compito come prete è celebrare la nascita di Dio nel mondo, questo viaggio era indispensabile, perché proprio lì, a Navidad, Dio è nato per noi e io ho avuto il privilegio di esserne testimone.
Buon Natale.
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