Il giornale online che si occupa di pace, ambiente, cooperazione internazionale è nato il 10 dicembre 1998
"Abbiamo una deontologia da rispettare e ci sono limiti oltre i quali il microfono va tolto!". Parte da qui la riflessione sul ruolo dei giornalisti e dell'informazione di Luciano Scalettari, vice caporedattore di Famiglia Cristiana, ospite del convegno dedicato a "Fatti, opinioni, invenzioni. Comunicazione o creazione della realtà: il tema migrazioni" organizzato da Unimondo – giornale online che si occupa di pace, ambiente, cooperazione internazionale, nuovi stili di vita che in Italia collabora con 372 partner e conta più di 250 mila fan in rete – per festeggiare i 18 anni di vita, svoltosi mercoledì 14 dicembre nella sala don Guetti della Cooperazione trentina a Trento. Un'età simbolica per il progetto sostenuto da Fondazione Fontana onlus, notevole per la Rete, un compleanno significativo per chi è al servizio di un'informazione che mira alla corretta comprensione dell'attualità.
"La nostra sfida è continuare a garantire la qualità dell'informazione senza essere troppo di nicchia, ma senza parlare a slogan, anche se questa sembra essere la tendenza generale", ha detto il direttore Piergiorgio Cattani, esprimendo la soddisfazione di lavorare in un ambiente molto stimolante, con una redazione giovane, composta prevalentemente da donne.
Al saluto di Pierino Martinelli, direttore di Fondazione Fontana onlus, e dell'assessora provinciale alla cooperazione e allo sviluppo Sara Ferrari, che ha evidenziato il prezioso contributo del portale, "fonte di chiavi interpretative della realtà e voce affidabile e credibile nel promuovere un'evoluzione culturale che forma anche le scelte politiche", è poi seguito il dibattito con tre esperti in tema di immigrazione, autori di varie inchieste realizzate sul campo, moderato dall'ex direttore di Unimondo e attuale presidente di Ipsia del Trentino, Fabio Pipinato.
"Nel 2014, proprio mentre stavamo preparando una campagna sociale per contrastare la discriminazione e l'uso, frutto di pregiudizi, di parole denigratorie contro certe categorie sociali (“Anche le parole possono uccidere”, ndr), ci sono stati episodi di mala-informazione sui quali siamo intervenuti, segnalando scorrettezze e l'uso aggressivo e razzista del linguaggio, subendo noi stessi violenti attacchi", ha raccontato Scalettari riferendosi a manifestazioni di intolleranza e odio emerse in seguito a fatti di cronaca riguardanti rom e immigrati. Un'aggressività poi alimentata dai social network che amplificano opinioni spacciandole per notizie.
"Ci sono giornalisti che ritengono giusto dare spazio a chiunque in nome della libertà d'espressione, anche al leader politico che diffonde informazioni imprecise o inventa il fatto dove non c'è – ha proseguito Scalettari -, ma chi non toglie il microfono quando si accorge che viene fornito un dato scorretto o si incita alla discriminazione, è complice di un giornalismo non responsabile: abbiamo il dovere di rispettare la Carta di Roma (Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti elaborato nel 2008, dal 3 febbraio 2016 è parte integrante del “Testo unico dei doveri del giornalista”, ndr) e usare la terminologia giuridica corretta e per noi fare informazione significa rovesciare la tendenza che fa di essa un'arma che distorce la realtà".
“Tendiamo a descrivere un fenomeno complesso come l’immigrazione solo attraverso i numeri relativi agli sbarchi, a scapito del racconto di cosa succede prima e dopo”, ha commentato Giacomo Zandonini, giornalista e video reporter free lance, evidenziando la necessità di andare al di là del modo abituale di parlare di migranti come persone da aiutare, da temere e perfino come eroi per i viaggi rischiosi a cui sono costretti. “I numeri reali non li conosciamo: sono inesistenti o confutabili e non sappiamo cosa succede dopo lo sbarco”, ha detto in conclusione Cristina Giudici, giornalista de Il Foglio, autrice di Mare Monstrum, Mare Nostrum. Migranti, scafisti, trafficanti (Utet, 2015), reportage in cui alla ricostruzione del modus operandi dei trafficanti si alternano le storie dei carnefici e delle vittime dell’immigrazione clandestina, attraverso i ricordi, le vittorie e le sconfitte di chi ogni giorno lotta in prima linea in questa emergenza umanitaria.
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