Mons. Tisi sottolinea il valore delle scelte condivise e la priorità del bene comune: “Non perdete il contatto con la gente”
Prima volta di un Arcivescovo invitato in Consiglio provinciale venerdì scorso 16 dicembre. Con una cerimonia sobria e breve, su invito del presidente Dorigatti e del vice Viola, motivato col desiderio di un “richiamo morale alto e autorevole”, l’intervento di mons. Tisi è stato proiettato nel futuro della nostra terra.
“Le Dolomiti sono patrimonio dell’umanità perché non le donne e gli uomini di questa terra?”. È partito con questa provocazione l’arcivescovo Lauro richiamando le risorse umane prodotte nella storia del Trentino ma anche l’epoca attuale di grandi trasformazioni, accompagnate da inevitabile fatica: “Ci sentiamo inesorabilmente precari, termine mutuato dal contesto lavorativo, di cui conosciamo le mortificazioni patite da tanti anche in questa Provincia. Ma la precarietà è ormai estesa all’ambito relazionale e sociale. Ai fondamenti, cioè, della nostra umanità”. Tisi ha invitato a considerare la precarietà come un’opportunità, arrivando all’elogio del limite, “quand’esso – ha precisato – si traduce nella percezione che da soli non ce la possiamo fare”.
Secondo Tisi “diventa storicamente determinante tornare a sviluppare strategie di comunità, attraverso scelte il più possibile condivise. Pur consapevoli che ogni soluzione, ogni piano di lavoro e ogni risultato sono sempre provvisori, e richiedono un dinamismo e una ricerca costanti.
In fondo, anche questa, almeno in parte, dovrebbe essere la motivazione che lega la “cittadinanza” e la trasforma in luogo di convergenza di “diversi” che si accordano reciproca ospitalità, vincolandosi al rispetto di un diritto che sottragga la vita civile all’arbitrio del particolare, del privato. Il legame è costituito dall’obiettivo comune, dalla tensione nel cercare il meglio per tutti e in particolare per chi fa più fatica.Che cosa vuole dire, oggi, “abitare” una città, vivere dentro una “comunità” e governarla? “Se vuoi capire una città” – diceva uno dei maggiori sociologi del Novecento (Mumford) – non accontentarti di leggere la sua storia e di vedere i suoi monumenti, devi parlare con la gente nei mercati, nelle case, nei negozi”. Non c’è alternativa all’incontro con le persone lì dove esse vivono, operano, progettano, sognano. Il rischio, anche per la comunità trentina, è quello dell’impoverimento delle “risorse umane”.
Quindi ha affrontato la priorità delle migrazioni (“guardiamo alle persone più che ai problemi”) individuando il valore della convivialità delle differenze. E poi un nuovo, accorato appello a “una politica che progetti non ‘per’ i giovani ma ‘con’ i giovani”, vero faro dell’autonomia. “Ripartiamo dalla consapevolezza che il futuro della nostra autonomia passa dai giovani! Di più: essere autonomi significa avere la possibilità di progettare il nostro futuro. Liberando pensiero, sogni, opportunità. E di poterlo fare con creatività, in modo originale. Chi meglio dei giovani può aiutarci in questa impresa? Non si tratta, infatti, soltanto di incamerare rassicurazioni istituzionali e garanzie finanziarie. Ma percepirci come cantiere aperto, laboratorio politico e sociale, comunità che ritesse le trame della tela che la sostiene”.
Tisi ha concluso citando la frase “La disuguaglianza non aspetta la politica”, dicendo che serve un’“agenda del buonsenso e la volontà di tradurla in fatti”.
Lascia una recensione