Con lo stile (scout) di Giuseppe

L'Agesci ha celebrato i 100 anni dello scautismo cattolico in Italia. “Il Dio con noi e la sfida della responsabilità”

In questi giorni di notizie terribili, si sta diffondendo in tutta Europa la Luce di Betlemme, simbolo prezioso di pace e fratellanza. È da 30 anni che, ogni Natale, si realizza questa sorta di staffetta: la Luce viene accesa a Betlemme, nella Chiesa della Natività, da una lampada ad olio che arde perennemente da molti secoli, e portata a Vienna; da lì, grazie agli scout che se la passano di mano in mano, supera i confini viaggiando sulle rotaie d'Europa, e raggiunge tantissimi luoghi in diversi Paesi, disegnando con la sua scia di luce una rete di comunità e cittadini che, accogliendola, si fanno carico della sua promessa di pace.

Sabato 17 dicembre è arrivata anche a Trento: ad accoglierla una cattedrale gremita, con in prima fila gli scout dell'Agesci e del Masci; oltre ai tanti Gruppi locali, era presente anche il Consiglio nazionale dell'Agesci, che si è riunito a Trento lo scorso fine settimana. In una Messa calorosa e partecipata, celebrata dall'Arcivescovo Tisi, gli scout trentini hanno voluto portare in Duomo un altro simbolo significativo: una croce costruita con il legno dei barconi naufragati a Lampedusa, che richiama il mandato del Papa all'Agesci, "Fate ponti!", e la concretezza della storia dove oggi, a partire dalle nostre case, siamo chiamati a portare la luce dell'Emmanuele, il Dio con noi.

“Interessante – così il vescovo Lauro ha incalzato gli scout – questo nome che viene dato a Gesù: non il Dio per noi, ma il Dio con noi. C'è una bella differenza! Non è uno che fa qualcosa per noi, ma che vuole che noi facciamo qualcosa con lui. Allora se c'è Aleppo, se c'è la grande disuguaglianza tra il Nord e il Sud del mondo, se ci sono le barbarie, non è colpa di Dio, ma è colpa dell'uomo che non cammina con lui”. “Qualcuno dirà: ma se ci fosse un Dio che fa tutto, che raddrizza le cose, un Dio benefattore, non sarebbe meglio? Ma sarebbe un dittatore, buono, ma pur sempre un dittatore. E invece il nostro Dio è il Dio della pazienza, del camminare con”. Qui c'è tutta la sfida della responsabilità: “perché il mondo può diventare Aleppo, o può diventare un giardino. Tutto sta a noi. Questo Dio ci affida la storia e dice: trasformatela, rendetela migliore”.

Nella celebrazione con l'Arcivescovo gli scout trentini hanno anche festeggiato il centenario dello Scautismo Cattolico in Italia: da cento anni uomini e donne – capi – insegnano a bambini e ragazzi (attraverso il gioco, l'avventura, il servizio agli altri) a diventare adulti, accompagnandoli in questo cammino di crescita umana all'incontro concreto con Cristo, unica verità che rende pienamente liberi. Con uno "stile" inconfondibile che lo stesso vescovo Lauro ha ben descritto nell'omelia. Commentando il vangelo della quarta domenica d'Avvento, mons. Tisi ha messo in luce alcuni aspetti di san Giuseppe che rispecchiano perfettamente lo stile scout: “è uno che si lascia interrogare e sconvolgere dalla realtà, dagli altri, si pone delle domande, si mette in gioco”; “è un giusto, che biblicamente vuole dire fedele: sa mantenere la parola data”; “cerca il bene, qui lo vediamo cercare il modo migliore per mettere a posto le cose”, come nello scautismo che guarda al bene universale, ed è un movimento che unisce anime diverse, diverse religioni; prosegue l'Arcivescovo: “decide (prese con sé la sua sposa) e parte. Perché a un certo punto bisogna decidere, avere il coraggio di tagliare il cordone, e partire”; infine, “è un uomo del noi, vive a fondo la comunione, ma è anche capace di prendersi nella comunione le sue responsabilità”. Come nella “Partenza scout”: arrivati a un certo punto del proprio cammino di crescita, arriva il tempo di scegliere, di riconoscere le proprie responsabilità e di giocarsi in prima persona. Un invito ad essere originali e a sentirsi protagonisti nella comunione. "Adesso l'avete capito – ha concluso l'Arcivescovo – ha parlato poco e ha fatto tanto il nostro Giuseppe. Oggi consegno a voi scout questa figura: impariamo da lui!”.

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