In questi giorni si tiene un po’ ovunque nelle parrocchie del Trentino la “Giornata del Ringraziamento” per quanto Dio ha fatto fruttificare la terra quest’anno. Sono giornate fatte di Messe dedicate, alle quali partecipano molti rappresentanti delle categorie dei contadini e degli allevatori, ma celebrate in un clima di grande festa generale da tutta la popolazione. Così anche in Valle del Chiese dove, in queste domeniche, la giornata del Ringraziamento si è ormai tenuta in tutte le Unità pastorali della zona.
Una domanda sorge però spontanea; ma quanti sono ancora coloro che si dedicano all’agricoltura e all’allevamento per professione nelle nostre zone? E qui si ha una sorpresa: ancora in numero consistente e, soprattutto, sempre più giovani. Che in qualche caso addirittura emigrano per imparare questa professione per poi ritornare “casari” provetti al paese natio e impiantare una nuova impresa agricola.
È il caso di Damiano Filosi, 26 anni compiuti, nato a Trento, ma originario per parte di papà di Praso, che dopo sette anni di lavoro in malga nel Canton Ticino in Svizzera ha deciso di riprendere la via di casa e venire a praticare l’arte del casaro nella piccola e bella frazione di Praso chiamata Sevror.
Damiano porta con sé tanta esperienza, molta voglia di fare e un riconoscimento ufficiale della sua maestria; alla rassegna d’autunno e del mercato dei formaggi tenutasi lo scorso mese di ottobre nel comune di Bellinzona, come malgaro dell’Alpe “Prato” (“Alpe, così chiamano le malghe nel Ticino”, specifica Damiano), si è aggiudicato il premio nella categoria mista di formaggi di mucca e capra. “Avevamo già vinto altri premi ad altri concorsi prima”, racconta. “Produciamo un formaggio Dop; prima di portarlo in cantina viene perciò controllato e gli viene dato un punteggio”.
Un passato di studio in parte all’Istituto Agrario di San Michele e poi di Cuneo, Damiano ha lavorato nelle malghe della Val Sementina e vicino al Passo del san Gottardo; lì, racconta, i malgari sono tutti italiani. “Non è un lavoro per Svizzeri… ti pagano ma la paga non è quella di altri lavori”, commenta. “Ero andato là per imparare qualche cosa di nuovo. In Svizzera le malghe sono ben sfruttate, si fa tanto formaggio. Quest’anno con 75 vacche abbiamo fatto 98 quintali di formaggio. Va tutto a supermercati molto grossi”, ribadisce il giovane casaro.
Come è affiorato quindi, chiediamo, il pensiero di tornare a Praso? “In Svizzera ero operaio, ora voglio aprire una mia azienda, qua in paese. È una scelta di vita, per passione, la mia, anche se spero mi venga fuori da vivere in qualche modo”, risponde il giovane casaro che specifica: “In Svizzera aprire un’azienda è ancora più difficile. I contadini sono ben visti e sono molti e la terra è tutta ben sfruttata. Non ci sono aree incolte. Però ultimamente il formaggio prodotto – anche se buono – è troppo, e si stenta a venderlo”.
Quando a primavera avrà iniziato la sua attività con le sue mucche, Damiano intende caserare formaggi “tipo come si produce qua, la ‘cioncada’ o la ‘spressa’, e il tipo svizzero; quello svizzero – continua – è grasso come formaggio, è come il Bitto”, un formaggio delle Prealpi Orobie dalla crosta sottile e di colore giallo, pasta tenera e dotata di piccoli fori nelle forme a breve stagionatura, più dura, di gusto più forte e aromatico in quelle a lunga stagionatura.
“Speriamo vada bene” conclude Damiano, giovani e capaci “mani in fuga” che hanno deciso di tornare a casa. Speriamo possa davvero ringraziare il cielo anche lui il prossimo anno con tutti gli altri allevatori della zona, diciamo noi.
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