Dopo i ringraziamenti ai presenti (vedi cronaca sopra), l’omelia di mons. Tisi è proseguita con queste parole. La pagina evangelica di questa domenica ci mostra la bellezza del Dio di Gesù Cristo che ci precede con il suo sguardo, ci fissa in anticipo, ci sorprende preparando per noi il pane e il vino della sua fedeltà, della sua grande misericordia. A tenere in vita una comunità cristiana non è il suo attivismo, talvolta sfibrante, ma la sicurezza, come Zaccheo, di essere guardati in anticipo.L’eredità del Giubileo della Misericordia non saranno le nostre opere, ma conservare la certezza, che diventa gioia, di avere su di noi occhi perennemente in attesa di essere guardati. Sono gli occhi del nostro meraviglioso Dio, che si commuove e gioisce osservando i suoi figli. Questi occhi non lasciano indifferenti. Zaccheo, incontrato lo sguardo di Gesù, comincia a guardare oltre se stesso. E solo allora dice: “Do la metà di ciò che possiedo ai poveri”.E’ sorprendente: i discepoli, come il loro Signore, non hanno casa. La loro dimora, la loro pace, sta nel camminare con gli altri, i poveri per primi. Solo chi cammina trova dimora, solo il pellegrino ha casa. Il discepolo, come il maestro, ha la necessità impellente di varcare la soglia dei fratelli, facendo proprio l’imperativo di Gesù: “Oggi devo fermarmi a casa tua”. Abitare la vita è vivere per qualcuno diverso da noi stessi.La domanda della prima lettura “E’ proprio vero che Dio abita sulla terra?” trova la risposta nella scandalosa visita di Gesù al peccatore Zaccheo. Lo sguardo di Gesù è, prima di tutto, perdono.Quest’anno della misericordia ci ha insegnato che il perdono è la vera onnipotenza di Dio.E dal perdono riparte la vita. A chi ha sbagliato sono offerte nuove opportunità. Il perdono dichiara la grandezza di ogni uomo. Egli è molto di più del suo fare o non fare. Rivela un Dio, Pastore irriducibile nel cercarci senza sosta e nell’amarci.
Apri gli occhi, Chiesa di Trento e sentiti guardata dall’Amore che passa sulla tua strada! Sei una Chiesa amata e continuamente perdonata. Non perdiamo tempo a censire forze e risorse. Una sola è la nostra risorsa: il Signore Risorto, che ci chiama alla vita pronunciando con tenerezza il nostro nome.Come Maria di Magdala rischiamo anche noi di scambiare il Risorto con il custode del giardino, rifugiandoci nel pianto.Ritroviamo il gusto di fidarci. Di apprezzare il tanto bene presente nelle nostre comunità: in questi primi mesi di episcopato ho incontrato esempi straordinari di dedizione agli altri e di carità vissuta nella quotidianità e nel silenzio. Tante nostre case, pur attraversate da ferite relazionali, vedono gesti di perdono e riconciliazione.Torniamo a sognare la possibilità di pensieri condivisi, di collaborazioni feconde, per far fronte alle tante emergenze dell’oggi, a cominciare dal lavoro che non si trova o non è più garantito.
Il nostro Dio è pane e dignità. Andiamo e raccontiamo che siamo stati perdonati, guariti, restituiti alla vita. Diciamo a tutti che ci è stata usata misericordia.
Lauro Tisi
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