Un Far-West da esplorare o un ambiente da abitare?
Esserci e farsi "pescare" nel mare magnum della rete, garantendo qualità senza svilire il ruolo che spetta al giornalismo e senza rinnegare la propria natura. È la sfida che il mondo dell'informazione cattolica è chiamato ad affrontare confrontandosi con il "continente digitale" dei social network, simile ad un "Far-West" da esplorare, come emerso durante il dibattito "I social trainano la carta" svoltosi sabato 12 novembre al Polo culturale Vigilianum di via Endrici a Trento nell'ambito delle iniziative promosse da Vita Trentina per festeggiare i 90 anni di fondazione.
Titolo provocatorio che esprime anche un auspicio e un punto di partenza che non si può ignorare: attraverso il web è possibile raggiungere tutti, ma c'è il rischio di perdersi in un territorio sconfinato che ha in sé molte potenzialità ma anche insidie. "Oggi tutti hanno accesso al web – ha esordito Andrea Canton di WeCa (associazione Webmaster Cattolici) – e ognuno può dire la sua, perfino che la terra è piatta o che papa Francesco ha sostenuto Trump, trovando sostenitori e condivisioni che, diffondendo la notizia, finiscono con l'attribuire il carattere di verità a ciò che non trova riscontro nella realtà, ma dobbiamo entrare senza paura nella rete, come pionieri".
Se gli aspetti negativi del web sono noti – strumento di omologazione che spesso riduce la realtà a slogan o la deforma, non permettendo di distinguere il vero dal falso e amplificando la cultura dello scontro -, cosa si può fare per conquistare il "continente digitale" senza lasciarsi snaturare?
"Social e carta stampata sono strumenti di comunicazione che evolvono nel tempo e devono essere in grado di aggiornarsi alle esigenze incarnando i linguaggi dell'epoca: dobbiamo esserci, puntando ad un giornalismo di qualità che sappia raccontare la verità e impari a usare la tecnologia attraverso un aggiornamento costante, mentre spetta alla responsabilità dell'utente capire se quello che legge è attendibile. Inoltre – ha proseguito Canton -, poiché impariamo attraverso il racconto, si tratta di non disperdere il patrimonio e l'eredità del passato e al tempo stesso di coinvolgere comunità e parrocchie che devono essere presenti in rete, privilegiando le storie delle persone, raccogliendo narrazioni dal basso".
Il blog WeCa.it è nato proprio per stimolare la riflessione su questi temi e richiamare l'attenzione sulla necessità di riportare il lettore al centro consapevoli che creare contenuti per i social non abbassandone la qualità è frutto di equilibri molto delicati come ha sottolineato Christina Craver, social media manager: "Fare giornalismo è parlare di quello che succede nella società contemporanea e aprire il dibattito, le piattaforme possono poi consentire la condivisione e il commento, però sui social si tende a seguire chi esprime la nostra stessa idea, sentendoci confermati e rafforzati ma così facendo ignorando altri punti di vista". I giornali hanno il dovere di elaborare una strategia editoriale in modo da usare creativamente i social network e incuriosire il lettore, inducendolo all'approfondimento: "Carta stampata e web devono coesistere e la sfida che dobbiamo affrontare è capire come queste due dimensioni possono interagire puntando ad una strategia a doppio binario: scrivere contenuti per il web con un linguaggio che tenga conto del target di utenti e dei loro interessi e attirare sui social chi legge il giornale".
Sul web tutti possono parlare a tutti e l'iperconnessione non è garanzia di reale informazione perciò non si tratta solo di capire come usare lo strumento, ma di una sfida educativa e culturale: "Siamo convinti di sapere – ha commentato Francesco Zanotti, presidente della Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) -, ma ciò che leggiamo è il mondo rappresentato, quello reale è molto più complesso. Non siamo più in grado di gerarchizzare le notizie, dimenticando che anche nella più piccola trattiamo la vita delle persone: in rete troviamo tutto e il suo contrario, ma per noi è un luogo dove esserci per condividere l'esperienza cristiana, perciò si tratta di recuperare l'etica della responsabilità del giornalista e confrontarci sul suo ruolo di mediazione in un'epoca di disintermediazione come la nostra in cui chiunque può parlare direttamente con autorità come il Papa o il presidente americano".
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