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Il terzo giorno di negoziazioni alla COP22 è stato dedicato agli agricoltori: l’agricoltura è una delle questioni principali alla COP22. Il totale delle emissioni derivanti dai raccolti di tutto il mondo costituisce il 14,5% del totale delle emissioni di GHG al mondo (dati FAO).
Il problema diventerà ancora più rilevante in futuro, considerato l’incremento deomgrafico che è stimato al 9,7 miliardi per l’anno 2050 (secondo le Nazioni Unite). Ciò significa ovviamente, maggiori necessità alimentari e un incremento delle emissioni nel settore dell’industria agroalimentare.
La domanda fondamentale è: come sfamare questi 9,7 miliardi di persone?
Questo è uno dei quesiti più accesi all’interno dei negoziati, dal momento che ogni Paese ha le proprie necessità e difende i propri interessi nazionali. Esistono così tante risposte, purtroppo, che è difficile fare chiarezza sulla questione.
Il problema è riassumibile in una semplice equazione: incremento demografico+sicurezza alimentare = come aumentare la produttività alimentare (senza distruggere il pianeta)?!
Usare l’innovazione tecnologica è la soluzione più ovvia, necessitiamo di più ricerca su come aumentare la produttività del terreno. Ad esempio, riducendo il degrado del suolo e la devastazione delle foreste. La stessa tecnologia dovrebbe essere al servizio di tutti gli agricoltori del mondo e, legato a ciò, è anche l’ accesso alle informazioni, ad esempio per ciò che riguarda le condizioni metereologiche. In tal modo, ad esempio, si possono pianificare i periodi di semina in base alle pioggie, in modo tale da assicurarsi il raccolto. Un’altra misura è l’accesso ai prestiti a basso costo per gli agricoltori in difficoltà, che in questo modo possono investire in tecnologie nuove: c’è bisogno di più (micro)finanza nell’agricoltura.
L’uso di fertilizzanti è un argomento altrettanto scottante: il dibattito ruota attorno all’uso di fertilizzanti organici al posto di quelli chimici. A riguardo, non c’è accordo: alcuni dicono di volere una agricoltura al 100% organica; altri sostengono che ciò sia impossibile. Altri ancora sostengono che l’uso di fertilizzanti chimici dovrebbe essere ridimensionato per i Paesi sviluppati, ma che i Paesi in via di sviluppo debbano ancora avere il diritto di servirsene, perchè il loro impatto non sarebbe significativo. Altri ancora difendono, invece, che bisogna trovare la giusta misura su questo ultimo punto.
Una volta protetta ed incrementata la produzione, ad essa dovrebbe essere garantito l’accesso ai mercati globali, in modo tale da incrociare l’offerta con la domanda. E qui sorge un ulteriore problema: a partire dal sistema di trasporto, arrivando fino ai consumi, la quantità di alimenti sprecati è enorme. La gente dovrebbe cambiare le proprie abitudini alimentari, e i trasporti migliorare in tal senso: difatti, produciamo già una quantità di cibo sufficiente a sfamare 9 miliardi di persone, ma gran parte di essa si butta! Specialmente nei paesi sviluppati, le abitudini alimentari dovrebbero diventare più accurate, perchè sprechiamo davvero troppo cibo. Come modificarle? L’educazione, e forse un aumento dei prezzi, sarebbero le soluzioni ideali…. perchè non butteresti mai via il tuo smartphone dopo averlo pagato 600 euro, immagino.
Per concludere, abbiamo bisogno di un sistema di agricoltura intelligente, che preveda una ampia scelta di prodotti. Non esiste una soluzione univoca, ogni caso è a sè stante: la migliore soluzione dipende da costi, tempi, disponibilità di risorse e spazi. Allo stesso tempo, è necessario ripensare le priorità, trovando un giusto compromesso tra i bisogni economici, ambientali, e sociali.
Giovanna Gini
(traduzione: Serena Boccardo)
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