Non c’è stata propaganda elettorale e dalle canoniche domenica sera non arriveranno gli exit poll. Non ambiscono ad una poltrona, ma sono soltanto candidati al servizio gli oltre 5 mila consiglieri pastorali parrocchiali che saranno votati nelle chiese trentine a fine Messa domenica 20 novembre. Lo stesso giorno per tutti fissato in contemporanea (anche al voto del nuovo Consiglio presbiterale, vedi pag. 15), per segnare l’urgenza di un rinnovo condiviso. Una data da cui ripartire insieme, com’era già avvenuto cinque anni fa, però con una consapevolezza più matura (il mondo è cambiato intorno, la Chiesa anche) e quindi attenzioni nuove.
E le persone, ci sono? Dopo il lancio in assemblea diocesana questi mesi autunnali hanno registrato di valle in valle una mobilitazione carsica, vivace e talvolta sorprendente. In tante parrocchie e nelle 30 Unità pastorali dove saranno eletti i comitati parrocchiali si è stati convocati per un reset forse provvidenziale: da dove riavviare il sistema? chi ci mette del suo? La regola innovativa dell’ineleggibilità dopo due mandati consecutivi ha suscitato all’inizio una comprensibile apprensione, ma ha finito per provocare una semina più efficace ed una ricognizione oltre i soliti perimetri. Qualcuno ha fatto un passo indietro, per lasciare che altri ne facessero uno in avanti. “Fare la lista” non è stato l’obiettivo principale, perché il miglior risultato degli incontri promossi nelle zone è stato il confronto sulla vera finalità del servizio pastorale, di cui il buon Consiglio è soltanto uno strumento. “Prima del campanile, la relazione con Cristo” – come richiamava una delle schede di preparazione – che si è rivelata la priorità delle priorità per cristiani… in uscita che sanno ripartire dalla Parola e dai poveri, secondo l’invito del nostro Arcivescovo a conclusione dell’Anno Santo della Misericordia. “A tenere in vita una comunità cristiana non è il suo attivismo, talvolta sfibrante, ma la sicurezza, come Zaccheo, di essere guardati in anticipo dagli occhi del nostro Dio meraviglioso”, era la consolante certezza ricordata da mons. Laura, che aggiungeva subito dopo il richiamo alla missione e alla carità: “I discepoli, come il loro Signore, non hanno casa. La loro dimora, la loro pace, sta nel camminare con gli altri, i poveri per primi”.
Ma è giustificata allora quest’attesa per il 20 novembre, per questo election day che può anche non fare notizia? Sì, perché la nostra maturità – sotto il tetto della parrocchia ma anche fuori dai confini del sagrato – passa pure da questi confronti mensili che vanno intesi nel loro specifico: i Consigli pastorali non sono i cda di un’azienda che vuol migliorare i servizi alla clientela o negoziare fra gli azionisti le voci dell’agenda degli impegni (e gli orari delle Messe).
Sono “luoghi di pensiero”, come in queste settimane ha detto più volte don Marco Saiani, vicario generale forgiato da una forte esperienza di parroco di periferia. Luoghi di pensiero in cui – dopo aver invocato lo Spirito e approfondito la Parola – si cercano insieme le strade per incontrare l'uomo di oggi, affrontando la confusa realtà con gli occhi di Dio. Tavoli sui quali portare non solo le cartelline pulite dei nostri pur validi programmi, ma anche le cartacce polverose di un'umanità ringhiosa e delusa.
Auguri, fin d’ora, agli eletti (e ai non eletti), perché il loro servizio, tanto pesante quanto insostituibile, possa elettrizzare le nostre comunità di carica evangelica.
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