Paralizzato in seguito a un incidente, ha trovato nello sport una nuova motivazione. E oggi si fa testimone e offre le sue competenze nel volontariato
“Non appena mi sono ritrovato per terra, ho capito subito che le mie gambe erano andate e che da quel momento cominciava una nuova vita”. Quello che colpisce di più di Andrea Facchinelli, dopo i suoi intensi occhi azzurri, è la serenità e la tranquillità che lo accompagnano, anche e soprattutto dopo quel 24 maggio 2008 che gli ha stravolto l'esistenza: “Con mio cognato ed un amico eravamo andati sul Passo Manghen per assistere al passaggio del Giro d'Italia. Rientrando, in discesa, la sfortuna mi ha voluto incontrare travestita da automobile, la quale, nascosta dietro una curva, è stata impossibile da evitare”. Risultato? Pneumo-torace bilaterale, frattura di due vertebre con fuoriuscita di midollo spinale, leggi: paraplegia. Andrea – classe 1972, residente a Vattaro – ora è paralizzato dagli addominali alle punte dei piedi e può contare solo su braccia e pettorali e sulla lucidità mentale che non lo ha mai abbandonato, nemmeno negli istanti cruciali dell'incidente.
La quotidianità fino a quel giorno era fatta da cose semplici, quanto essenziali: la famiglia con due figli di 3 e 7 anni da accompagnare a scuola, il lavoro di geometra topografo, i lavori di ristrutturazione della casa da seguire e la sua grande passione, quella corsa in montagna che assorbiva la sua dedizione e i suoi sacrifici, ma che lo aveva sempre ricompensato con enormi soddisfazioni, al punto da portarlo come rappresentante della nazionale italiana ai mondiali austriaci di Telfes nel 1990.
Ci sono domande che chissà quante volte Andrea si è sentito rivolgere: Quant’è stato difficile accettare l’incidente? Dove hai trovato la forza per ripartire? La risposta è secca: “Avevo dei bambini piccoli, non avevo tempo per piangermi addosso! E perché, poi? Ho avuto la fortuna di trovare un nuovo lavoro che mi permette comunque di sfruttare le mie competenze, ho messo mano alla casa per togliere le barriere architettoniche e ho imparato ad essere autonomo per gran parte delle mie azioni”.
Un ruolo importante l'ha giocato anche la passione di Andrea per lo sport: “Già mentre ero in riabilitazione a Villa Rosa ho iniziato ad effettuare delle uscite con la handbike. Dopo breve tempo, però, andare sulla ciclabile per giri brevi e pianeggianti ha iniziato a starmi stretto”. E così, con l'aiuto di alcuni amici, trasforma il suo mezzo in una vera e propria mountain-handbike. “Ora riesco a percorrere gli stessi sentieri e le stesse stradine che prima percorrevo ogni giorno in allenamento di corsa, provando una gioia indescrivibile”.
Un dono che la disabilità ha dato ad Andrea è stato quello di scoprirsi utile per le altre persone attraverso la sua storia e le sue competenze tecniche. Oggi infatti è impegnato in numerose iniziative e progetti di volontariato. Presta ascolto e offre la sua testimonianza nei reparti di riabilitazione a Villa Rosa, assistendo le persone che come lui sono andate incontro a importanti disabilità a causa di incidenti. Svolge importanti attività con l'associazione Astrid Onlus, di cui è socio fondatore: gira per le scuole (elementari, medie e superiori) per raccontare la sua storia e promuovere la sensibilità alla disabilità; cura il progetto “ViviAMO” di sport, che racconta attraverso la sua e altre testimonianze, soprattutto di atleti paralimpici, come lo sport sia stato per molti il punto di ripartenza e di accettazione della disabilità; con il progetto “Paesi senza barriere” testa le opere pubbliche, le strade, i parcheggi dei paesi di tutto il Trentino per verificare se rispettano le norme di abbattimento delle barriere architettoniche, portando all'attenzione dei comuni le eventuali irregolarità riscontrate.
Questo è Andrea, un uomo che grida l’amore per la vita, per il dono che rappresenta, e la gioia per il dono della sua famiglia e degli amici che gli danno la forza e la serenità che si riflettono nel suo sorriso.
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