Statuine, maschere, urne funerarie, vasi antropomorfi e zoomorfi, monili d'oro, coppe, asce votive, piatti e vasi policromi, ornamenti in tessuto con piume colorate: un mondo affascinante e sconosciuto, sorprendente e ricco di mistero si svela al palazzo Alberti-Poja di Rovereto, nell'ambito della mostra “Il mondo che non c'era”, l'arte precolombiana nella Collezione Ligabue. Circa duecento opere d'arte narrano la lunga storia – oltre tremila anni fino al Cinquecento – delle numerose popolazioni che abitarono il centro e il sud del “nuovo continente”, scoperto da Cristoforo Colombo nel 1492. Si tratta dei territori che compongono la cosiddetta “Mesoamerica”, gran parte del Messico, Guatemala, Belize, una parte dell'Honduras e del Salvador, Panama e la zona andina di Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile e Argentina. I preziosi reperti sono stati raccolti, lungo l'arco di quasi un'intera vita, dal collezionista e paleontologo veneziano Giancarlo Ligabue, scomparso nel 2015. L'appassionato esploratore aveva fondato il Centro Studi e Ricerche che porta il suo nome, trasformato in Fondazione dal figlio Inti, che ne ha assunto la guida. La straordinaria esposizione – inedita nel suo genere – ha registrato un grande successo a Firenze, dove è stata accolta fino allo scorso 6 marzo, ed è approdata nella Città della Quercia grazie alla recente collaborazione instaurata tra la Fondazione Museo Civico di Rovereto e la Fondazione Giancarlo Ligabue di Venezia, collaborazione destinata a proseguire. Parte dell'esposizione giunge anche dalla raccolta privata dei Medici; la nobile famiglia fiorentina si appassionò a queste opere d'arte che iniziò a collezionare fin da subito. Molti degli oggetti esposti avevano finalità religiose e di culto. È stata Venezia a diffondere la conoscenza delle culture precolombiane in Europa. La mostra rimarrà aperta fino al 6 gennaio 2017, con orario: da martedì a domenica, dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18.