Tante le storie raccontate, esperienze diverse ma allo stesso accomunate da alcuni aspetti: i sacrifici quotidiani, l’impegno, il lavoro, la dedizione per questa scelta. C’è la storia di Roberta Silvi che si definisce una “rifugista social”. Gestisce da dodici anni il Roda di Vael a 2300 metri di altitudine nel cuore della val di Fassa.
“Le giornate cominciano di buon mattino e l’incognita del tempo lascia sempre un velo di incertezza sull’evolversi della giornata”, racconta. Le difficoltà ci sono ma vengono ricompensate dalle sensazioni che solo la montagna è capace di trasmettere. “Anche se la sveglia suona all’alba ti alzi col silenzio delle montagne che ti circondano e vai a dormire con le stelle che ti sorridono”.
Da Campitello, Marika Favé, ha scelto invece la montagna come campo per crescere e perfezionare la sua attività di guida alpina. “È un lavoro che richiede una maturità alpinistica”, ha detto. “Accanto a una buona formazione fisica ci vuole forza psicologica per esser pronti ad affrontare situazioni anche difficoltose”.
Mandra Scennach, dopo aver lavorato anni nel settore turistico sul Garda ha deciso di tornare alle sue radici, in val Daone: la vita in alpeggio dove fa la casara. “Senza dubbio un lavoro faticoso ma condividere le giornate con la famiglia lega e fa stare bene”, ha raccontato.
La loro attività spesso di rivela una risorsa d’oro per la comunità stessa. Un esempio è l’esperienza di Cheyenne Daprà, pastora della val di Rabbi. “Le mie pecore brucano l’erba dei prati abbandonati”, ha sottolineato. “Così offro un servizio per la comunità attraverso la cura del territorio in modo naturale”.
Il viaggio di riscoperta delle attività di montagna prosegue a Mezzomonte di Folgaria dove si coltivano i fiori di Bach. È un attivo centro estivo che organizza laboratori e attività di educazione alimentare pratica rivolto alle famiglie; Elisabetta Monti è la responsabile e il suo obiettivo è quello riscoprire le proprietà terapeutiche che la natura offre.
L’esperienza di Luisa Zappini ci fa guardare la montagna con occhi diversi. Dalla suo ruolo di responsabile della Centrale Unica di Emergenza PAT, emerge il ritratto di una montagna che non vorremmo conoscere ma che spesso si rivela teatro di sciagure, pericoli ed emergenze. “La montagna è una maestra di vita”, ha detto. “Faccio parte del soccorso alpino da quando ho sedici anni e ho imparato il valore della sussidiarietà perché ti viene naturale aiutare gli altri se cresci in montagna”.
Presente all’incontro anche il presidente della Sat, Claudio Bassetti. “Se guardiamo al futuro dei mestieri di montagna attraverso le esperienze raccontate – ha sottolineato – stasera possiamo affermare che il futuro è femminile”.
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