La comunità internazionale si adoperi concretamente “per fare di Aleppo una Zona di Sicurezza” da porre sotto il controllo diretto “delle Forze di pace dell'Onu”: è la richiesta di fra Michael A. Perry, ministro generale dell’Ordine dei Frati minori, e del trentino fra Francesco Patton, custode di Terra Santa, in un appello per la pace in Siria lanciato il 3 ottobre scorso.
Cessino i bombardamenti aerei in Siria “per depotenziare il conflitto” e si dia voce alla società civile siriana “negli sforzi per arrivare alla pace”: è la richiesta dei cittadini presenti all'incontro “Profughi in fuga dalla guerra: dalla Siria a Trento, un corridoio umanitario è possibile?”, promosso lunedì 3 ottobre dalla Fondazione Demarchi e dalla sede di Ravina della Biblioteca comunale, insieme ad altre realtà associative di Ravina e di Romagnano, nell'ambito della Settimana dell'accoglienza.
Dalla Terra Santa a Trento si leva un unico appello a fermare la guerra in Siria, che in cinque anni ha provocato centinaia di migliaia di morti, milioni di sfollati e un’emergenza umanitaria gravissima.
A Ravina lo ha ricordato Abu Rabiha, uno dei 29 siriani arrivati in Trentino alla fine di febbraio 2016, grazie al corridoio umanitario attivato dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Tavola Valdese e dalla Federazione delle comunità evangeliche in Italia. “Di fronte alla tragedia siriana e alla distruzione di Aleppo la comunità internazionale non fa nulla. Quello che ho visto nel mio paese non può essere raccontato con le parole. I bombardamenti aerei devono cessare, alziamo la voce per chiederlo con forza”.
Gli ha fatto eco il giornalista e scrittore Shady Hamadi, rafforzando e argomentando la richiesta dei profughi siriani (“ma sarebbe meglio dire ‘esiliati’, è così che vogliono essere chiamati”, ha rimarcato Hamadi) a impedire che questo conflitto “venga depoliticizzato”, a evitare di raccontare con superficialità una terra che a cinque anni dall’inizio del conflitto ancora non riesce a trovare una via che conduca alla pace, a rompere il muro dell’indifferenza: come si propone di fare Shady Hamadi nel suo ultimo libro, “Esilio dalla Siria” (Torino, Add edizioni, 2016), nel quale affronta temi fondamentali come l’identità, la lotta contro la dittatura, l’integralismo, il rapporto tra le religioni. “C’è un Islam di cui i siriani sono in qualche modo gli eredi che è l’Islam della convivialità, evitiamo le polarizzazioni di chi dice: ‘O con Assad o con l’Isis’. Tra questi estremi c’è molto altro, c’è una società civile siriana che chiede di essere ascoltata”, ha detto Hamadi.
Si è fatta portavoce delle istanze dei siriani in esilio Marta Matassoni, volontaria dell'Operazione Colomba della Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha vissuto per alcuni mesi nel campo profughi di Tel Abbas nel nord del Libano.
Al pubblico partecipe e attento che chiedeva come agire e reagire, pronta la risposta, con l'invito, subito raccolto, a sottoscrivere un appello per far cessare i bombardamenti su Aleppo e in Siria e per sostenere gli sforzi della società civile siriana per arrivare alla pace.
La stessa modalità di impegno e di partecipazione civile è stata riproposta da Shady Hamadi, Abu Rabiha e Marta Matassoni il giorno dopo, 4 ottobre, all’Istituto agrario di San Michele all’Adige, dove hanno incontrato 200 studenti delle classi quarte e quinte, intrecciando un dialogo molto intenso e molto partecipato.
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