"Frequentando le stanze della malattia e della cura capiamo che l'uomo è fragile e vulnerabile ma questa precarietà è una condizione esistenziale che ci accomuna tutti e proprio lì scopriamo che l'uomo vive di relazione e che abbiamo bisogno di incontrare gli altri come del pane".
Nel suo intervento , il vescovo Tisi ha ricordato che gli operatori sanitari sono testimoni di quanto l'incontro con i malati dia qualità e senso al vivere poiché in quelle stanze è possibile sperimentare un'inaspettata stagione di forza e vita: "I medici incontrano uomini e donne che sperimentano il dover dipendere, perdita di senso della vita, il venir meno delle capacità fisiche, malati che rendono vulnerabili a loro volta chi li cura, suscitando reazioni di incertezza, paura o rimozione, ma, in quel terreno dove il tempo dell'ascolto diventa tempo di cura, vi sono scambi e interazioni che insegnano la gioia di stare con gli altri. Dobbiamo lasciarci toccare dalla vulnerabilità dell'altro, affinché il malato possa passare dalla condizione ferita della dipendenza all'affidamento fiducioso: è il mandato che essi ci danno".
L'esistenza dell'altro però non è prevista dal nostro stile di vita narcisista, globalizzato, che ci permette di essere connessi a livello mondiale ma ci vede fermi all'uscio di casa e incapaci di accorgerci che, se l'uomo non rallenta, perde la sua umanità. Con la sua mimica, invece, il corpo ha forza e potenzialità che nessun contatto in rete può dare perciò occorre recuperare la dimensione corporea del linguaggio non verbale: "La vulnerabilità ha la forza di imporre il silenzio alla verbosità dei nostri discorsi e di mostrare che uno sguardo, una carezza vale più di molte parole come insegna Papa Francesco".
Per monsignor Tisi, misericordia è "la capacità di guardare con lucidità la realtà e prendersene cura, incarnando una virtù attiva che, in ambito sanitario, si traduce nel guardare in faccia volti, ascoltare domande, fatiche, paure; è la capacità di essere umano, cioè rinunciare all'onnipotenza narcisistica, il male oscuro del nostro tempo che condanna all'inferno della solitudine: il nostro è un Dio di relazione, onnipotente perché la sua ultima parola è il perdono e ha scelto di farsi carico dell'altro".
Se è vero che l’uomo è attirato dalla bellezza, allora deve fare più silenzio e imparare che è bello stare con gli altri e che “vera onnipotenza è quella dell’uomo che sa ascoltare, che cammina con e per gli altri, e misericordia è frequentare l’umano e l’altro che è mio alleato e compagno di strada”.
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