Nelle voci dei sopravvissuti al terremoto la paura, la difficoltà a dormire, il crollo psicologico a qualche giorno dal sisma. Ma anche l'orgoglio e la volontà di ricominciare
Norcia (Umbria), settembre 2016 – Filippo comincia a raccontare appena dopo esserci presentati. Emerge immediatemente la passione che lo anima e la voglia di trasmettere quanto ha visto e vissuto nelle ultime settimane, girando il territorio, incontrando le persone e raccogliendo le loro fatiche.
Siamo a Norcia, splendida cittadina nel cuore dell’Umbria, ma anche epicentro di alcune scosse del recente terremoto, calamità che questa terra purtroppo (come altre in Italia) conosce molto bene. Dopo aver visitato le Marche, una rappresentanza delle Caritas del Nordest è in visita anche qui per conoscere meglio le situazioni che si potrebbero sostenere, con la mediazione della Caritas di Spoleto Norcia, grazie ai fondi raccolti subito dopo il sisma e in particolare con l’ultima colletta di domenica 18 settembre.
Filippo è uno dei seminaristi a cui è stata affidata la mappatura delle situazioni critiche nei dintorni di Norcia, in particolare delle aziende zootecniche o agricole danneggiate. Perché anche questo è il terremoto: non ci sono stati morti (in qualche caso si tratta di veri miracoli), ma le conseguenze sono però evidenti e diffuse. È lui ad accompagnarci da Giuseppe, da Nunzio, da Luciano, da Anna Lisa e da altri ancora che hanno subito danni più o meno gravi ma che, in vista dell’inverno, rischiano di vedere compromessa l’attività dell’azienda su cui spesso si regge il sostentamento di tutta la famiglia. E anche loro raccontano, senza vergogna, della paura (per sé, per i famigliari, per i vicini, per gli animali), della difficoltà a dormire, del crollo psicologico dopo qualche giorno dal sisma, della fatica a restare in una terra che trema da sempre (c’è chi ha già vissuto i terremoti del 1979 e del 1997), della rabbia per i vincoli e le limitazioni date da Regione ed ente Parco (siamo nella riserva naturale dei Monti Sibillini) che – anche a fronte di una tale emergenza – non sembrano particolarmente disponibili a venire incontro alle esigenze di agricoltori e allevatori.
Non ci sono state vittime a Norcia e questa è la grande consolazione che alla fine accomuna questa gente semplice e laboriosa, che si rende conto nella disgrazia di avere avuto grande fortuna e che orgogliosamente ci dice che ancora una volta toccherà rimboccarsi le maniche, perché “che avemo a fa’?”.
Però l’inverno sta arrivando, i tempi dello Stato e della burocrazia potrebbero non garantire a queste famiglie di ricoverare gli animali in tempo, di aggiustare le rimesse, di poter dormire vicino all’azienda, visto che le tende verranno smantellate e nei paraggi non ci sono molti alloggi in affitto, se non spostandosi verso Spoleto o ancor più in là. Sono molte le persone fuori casa; in albergo incontriamo molti sfollati; una sessantina di cittadini dormono ancora nella palestra delle scuole di Norcia.
E non è solo questione di soldi o di strutture. La terra continua a tremare, la paura resta, l’incertezza per il futuro non aiuta come non è d’aiuto la rassegnazione o la rabbia verso le istituzioni. Forse serve qualche compagno di viaggio, qualcuno con cui condividere fatiche e prospettive, che sostanzialmente alla fine fa capire che non si è soli.
Questo è il compito della Caritas, strumento della comunità cristiana per farsi prossima a queste persone (come a molte altre) e aiutarle a costruire un futuro che oggi davvero sembra difficilissimo.
Proprio in questi giorni la Delegazione Caritas Nordest prenderà in esame le prime ipotesi operative per poter sostenere, tramite i fondi raccolti e con il supporto decisivo delle Caritas locali, le diverse situazioni di difficoltà incontrate in queste settimane.
Roberto Calzà*
*direttore Caritas di Trento
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