Sull'altare un telo di juta a indicare la necessità di stare vicini, simili a tanti fili che formano un unico tessuto e un'unica umanità, il fuoco per ricordare la luce che di notte orienta i profughi che approdano sulle nostre spiagge e dei fiori, segno di gioia e accoglienza.
Nel salutare l'arcivescovo Tisi, a Villa S. Ignazio per la festa del fondatore della Compagnia di Gesù, padre Alberto Remondini ha evidenziato i simboli fraternità con l'assemblea riunita nella cattedrale di S. Vigilio.
"Nonostante il fenomeno della violenza da cui siamo tutti toccati – ha esordito nell'omelia il vescovo Tisi – c'è un terreno su cui ricostruire una comunione e una fraternità universale: è il terreno del bene, un terreno che è umano, pre-religioso, pre-etnico. Ci accomuna tutti in quanto esseri umani e dobbiamo tornare a frequentarlo". Ignazio, secondo Tisi, è stato testimone del Vangelo, “ci ha detto che la follia cristiana può diventare il nostro habitat e la Chiesa deve essere profetica”. "Noi – ha concluso – percepiamo il bene, il perdono come un desiderio, un ideale: solo con l'aiuto di Gesù possiamo trovare la forza di realizzare quell'istanza di bene che abita in noi ma che da soli non saremmo in grado di trasformare in realtà”
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