Jolia Wahbi è visibilmente stanca, ma contenta del premio conquistato. Approdare in Italia ha richiesto un faticoso viaggio. “Per espatriare dalla Siria – spiega – dobbiamo transitare da Beirut, in Libano; a Damasco non funzionano più le ambasciate…”.
E’ il calvario della guerra siriana. “Però a Damasco non c’è guerra – dichiara decisa -. La vita è normale, anche se non si può andare all’estero. Io ho avuto un permesso per tre mesi, perché ho il mio amico italiano che garantisce per me”.
L’arte, a Damasco, come sopravvive, chiediamo. “Facciamo quello che possiamo. Ad esempio io ho partecipato il mese scorso a una mostra con mie sculture nel centro della città, vicino al castello. E’ una delle prime mostre dopo lo scoppio della guerra in Siria”.
La storia di Jolia Wahbi come artista è delle più lineari: “Dopo gli studi accademici, mi sono specializzata in scultura in bronzo e ho cominciato a fare mostre. Purtroppo la guerra ha interrotto ogni cosa, fino al mese scorso”. Ed ora eccola qua in Italia per partecipare a varie manifestazioni d’arte. “Nei tre mesi di permesso – interloquisce Taraboi – conto di portare Jolia in varie città italiane e mostre, Milano, Firenze, Venezia…”. Alla parola Venezia il viso di Wahbi si illumina: “Sì, Venezia deve essere molto bella, da quanto ho visto su internet!”. La compostezza unita a una forte dignità, ma anche a tanta voglia di conoscere, è il carattere dominante di questa artista.
Qual è il ruolo della donna nel mondo islamico, azzardiamo. “Credo che l’educazione abbia un ruolo nell’emancipazione della donna. Noi ci crediamo, anche se non è facile modificare il pensiero religioso”. Lo spazio dell’arte in Siria? “Assai poco, solo a Damasco ha spazio. Ma la guerra ha tolto tante cose. Ora a Damasco non si combatte, ma il clima è pesante. Anche per l’arte”.
C’è il tempo per un’ultima domanda sul futuro nel suo Paese. “Penso che le cose stiano cambiando, i giovani sono molto attivi, soprattutto a Damasco. Tutti speriamo che l’Europa e l’Italia ci siano vicini”. L’arte può ancora salvarci.
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