(Sir) – A Faraaz Hussein, che a Dacca ha scelto di morire per non abbandonare le sue amiche in mano ai terroristi; a Mohamed Bouazizi, che si è immolato per difendere la dignità umana dando inizio alla primavera democratica in Tunisia; a Hamadi Ben Abdesslem, che con il suo coraggio ha salvato i turisti italiani durante l’attacco terroristico al museo del Bardo (marzo 2015); a Khaled Abdul Wahab, che ha salvato a Mahdia gli ebrei perseguitati in Tunisia durante l’occupazione nazista; a Khaled al-Asaad, trucidato da Daesh nel 2015 per aver difeso il patrimonio archeologico di Palmira, in Siria, memoria della civiltà umana. Sono loro i cinque “Giusti tra le nazioni”, arabi e musulmani di ieri e di oggi, cui saranno dedicati i primi ulivi del “Giardino dei Giusti” che sarà inaugurato venerdì 15 luglio, all’interno dell’Ambasciata d’Italia a Tunisi, alla presenza di Gabriele Nissim, presidente di Gariwo (onlus impegnata al servizio della memoria di tutti coloro che nel mondo hanno cercato o cercano di impedire il crimine di genocidio, di difendere i diritti dell’uomo, in primo luogo la dignità umana), del Premio Nobel per la Pace 2015 Abdessatar Ben Moussa e dell’Ambasciatore italiano, Raimondo De Cardona. La Tunisia – unico Paese tra quelli interessati dalle Primavere arabe ad aver scelto la democrazia come argine al fondamentalismo- è il primo Paese arabo a ospitare un Giardino dei Giusti.
L’inaugurazione avviene a pochi giorni dalle stragi di Istanbul e Dacca, nel ricordo delle tante vittime del terrorismo in tutto il mondo.
“Sono ancora pochi coloro che ragionano sull’importanza di una battaglia culturale che crei un fronte comune tra europei, arabi, cristiani, ebrei e mussulmani, per affrontare alla radice una sfida così complessa” commenta Janiki Cingoli, direttore del Cipmo, il Centro italiano per la pace in Medio Oriente. Per Silvio Ferrari, professore ordinario di Diritto Canonico ed Ecclesiastico all’università degli Studi di Milano, “l’idea di un giardino dei giusti a Tunisi è splendida perché è inclusiva. La giustizia travalica, senza annullarle, le differenze di religione. E’ il segno che, senza mettere in dubbio la verità della propria religione, è possibile sforzarsi di costruire una società dove persone di diverse fedi e convinzioni possono vivere insieme in pace”.
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