Parla il nuovo preside dell’Arcivescovile, Paolo Fedrigotti, 35 anni: “Penso sia un investimento nel futuro della nostra scuola”
“Insisteremo alle superiori sui licei, convinti che una formazione culturale di ampio respiro risulti importante”]
A pochi giorni dalla nomina è già al lavoro il nuovo preside dell'Istituto Arcivescovile, Paolo Fedrigotti, docente di filosofia nel Collegio di via Endrici da 6 anni, chiamato a sostituire don Lamberto Agostini nella collaborazione con il rettore don Bruno Tomasi.
Prof. Fedrigotti, lei non è il primo laico in questo ruolo, ma è certamente il più giovane, 35 anni.
Dietro a questa scelta credo si possa leggere un disegno di ampie vedute e, in un tempo che coltiva poco la speranza, un’opzione che va in controtendenza. Un segno forte d'investimento da parte del nostro vescovo Lauro e della nostra diocesi nei confronti del futuro.
Non sarà da solo perché con lei è stata anche nominata come vicepreside per le secondarie superiori a Trento Marta Dalmaso, tornata a insegnare all'Arcivescovile lo scorso anno dopo la sua esperienza amministrativa come assessore, fra l'altro, all'Istruzione.
Ho molta fiducia nei suoi confronti, non solo per l'esperienza maturata in politica ma anche e soprattutto per la sua passione educativa che ho avuto modo di apprezzare col suo ritorno a scuola. Con lei e gli altri vicepresidi condividiamo il proposito di fare tesoro del buono che ha caratterizzato questi ultimi anni. Nello stesso tempo puntiamo alla chiarificazione dei fondamentali su cui costruire una significativa azione educativa, tenendo conto della tradizione da cui l'Arcivescovile proviene. Il rapporto educativo si gioca nel presente e nel futuro, ma è importassimo il collegamento con il passato: senza di esso tanti sforzi rischiano di essere vani.
Nella lettera dell'Arcivescovo che contiene la sua nomina si fa riferimento ad una commissione tecnico – didattica a supporto delle scelte che interesseranno lo sviluppo della scuola. Come dobbiamo vedere questa scelta?
Sarà un supporto alle scelte strategiche in vista di un deciso rilancio dell'Istituto. Vorremmo investire a tutti i livelli, per inserire con forza l'Arcivescovile in un discorso ecclesiale anzitutto, affinchè venga riconosciuto e apprezzato il suo essere comunità educante. Attraverso scelte specifiche di rilancio, vorremmo contribuire a lanciare pure ponti culturali e relazionali con l’intera società trentina.
[I ledrensi in via Endrici. Paolo Fedrigotti, classe 1981, è originario della val di Ledro, come altre cinque “guide” dell’Arcivescovile: Nicolò Bettini, Mariano Foletto, Mario Ferrari, Umberto Giacometti e Gino Donati.
Laureato in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con una tesi su Dante e la filosofia medioevale, si è specializzato alla Ssis di Bolzano. Ha conseguito il baccellierato in Teologia presso lo Studio teologico accademico di Trento, dove è docente di storia della filosofia e di gnoseologia. È professore invitato di Teologia razionale alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna, a Bologna. Collabora con alcune riviste, tra cui Divus Thomas e Studi danteschi.
Lei è stato il regista negli ultimi anni degli incontri culturali offerti dalla scuola alla città: un segno che è possibile aprirsi alla città.
Sì, è possibile e necessario, direi per un motivo ecclesiale e per un motivo sociale. È giusto per la Chiesa esporsi, per proporre i contenuti che le stanno a cuore anche attraverso la scuola. Dal punto di vista sociale, direi che la società trentina ha bisogno che la Chiesa le parli in modo franco, chiaro. In altri contesti molto più secolarizzati – penso ai dati di espansione della scuola cattolica di Francia – si vede come le scuole paritarie siano in grande crescita, a conferma dell'esigenza diffusa di autenticità evangelica. L'investimento della diocesi in questa direzione è a mio avviso più che giustificato.
Rispetto ai corsi, a settembre ci saranno novità?
Non ci saranno novità immediate; intendiamo rilanciare gli indirizzi che già ci sono, soprattutto alle superiori. Assieme alla Commissione valuteremo come riuscire a qualificare e rendere ancora più valida la nostra proposta. Insisteremo alle superiori – l’unico comparto in sofferenza, tutto sommato – sui licei, convinti che una formazione culturale di ampio respiro sia a livello umanistico che scientifico risulti importante per quella che potrebbe essere la futura classe dirigente ma anche la futura Chiesa che uscirà da qui. Con la commissione ci confronteremo sia sulla realtà di Trento che su quella di Rovereto: ogni sede ha le sue specificità e bisogna tener d'occhio i bisogni di tutti, in ogni ambito.
Servirà una fase di studio di discernimento, dunque?
Sì, per un rilancio, per il quale vorrei lavorare al fine di dar vita ad una scuola che porti avanti una prospettiva ed uno stile seri ma non seriosi, una scuola che sia autorevole ma non autoritaria (qui c'è l'idea dell'auctoritas come augere, far crescere), una scuola amorevole e non asettica. In s. Agostino leggiamo: “Nemo cognoscit nisi per amicitiam”; io penso che tale prospettiva valga molto in sede pedagogica; ritengo cioè che non si possa generare conoscenza e passione laddove non ci sia un rapporto di amicizia educativa. Questo è importante in riferimento a tutti gli elementi che compongono la scuola, i ragazzi, che sono al centro, i docenti, i genitori, il personale di supporto.
Lei è sposato da un anno: che rapporto vede fra lavoro e famiglia?
Il fatto di avere una vita famigliare penso possa essere un valore aggiunto. È un valore aggiunto, nel senso che rappresenta per me un doppio bagno di realtà. Avere presente da dirigente cosa voglia dire essere parte di una famiglia, mi aiuterà. C'è uno scambio tra le due cose che può essere bello, fruttuoso.
Cosa può dire della collaborazione il con il rettore, con le altre realtà storiche dell'Arcivescovile?
Mi propongo di costruire un lavoro di squadra, perché un contesto separato, rotto all'interno è un contesto che non può funzionare. Solo convergendo verso un unico punto di riferimento, pur partendo da prospettive diverse, si può costruire qualcosa di concreto. In questo senso mi sento – ma anche il Vescovo ha insistito molto su questo aspetto – di individuare questo punto di convergenza nella passione per la verità su Dio e sull’uomo che emerge dal Vangelo; sarebbe bello che l’anima dell’Arcivescovile presente e futura si costruisse attorno a questo cuore pulsante.
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