Chiedi alla polvere

La tormentata vicenda della Tassullo spa, storica azienda della valle di Non. La calce idraulica naturale ne ha fatto la fortuna, portandone il nome alla notorietà nazionale e non solo. Tra i dipendenti c’è rabbia. E ci si chiede a chi possa giovare il fallimento di un gruppo che dallo sfruttamento delle gallerie come data center potrebbe trarre nuove occasioni di business

Non è la polvere da cui non cresce nulla, la polvere di territori che esprimono una cultura senza radici, come nel romanzo cult dell’italo-americano John Fante “Chiedi alla polvere”. No. La polvere che il vento solleva davanti al cancello d'accesso alla Tassullo spa, girando a sinistra se stai salendo in macchina dal ponte di Santa Giustina verso Cles; la polvere che si raccoglie in piccoli mulinelli nel parcheggio ricavato nella vecchia cava, accanto al nuovo edificio tirato su nel 2006 per ospitare il Centro ricerca e innovazione ispirato, nelle forme, alla costruzione aggettante che ospita i sistemi di gestione della diga di Santa Giustina; la polvere che si raccoglie davanti all’ingresso della chiesetta aziendale dedicata al Divino Operaio dove una targa ricorda i nomi dei soci fondatori, il 7 novembre 1909, di quello che si chiamava allora “Consorzio Anaune Cementi Tassullo” (e in primis di Vincenzo Maistrelli, artefice anche delle prime centraline idroelettriche sul torrente Tresenga): quella polvere è una polvere “buona”, è figlia della lavorazione dell’ottimo materiale naturale che ha fatto la fortuna di questa azienda che vanta un azionariato diffuso (conta oggi 591 soci), ha dato lavoro in passato fino a 200 persone (senza contare l’indotto) e oggi sconta le difficoltà di una crisi del settore dell’edilizia che sembra non avere fine.

Non che in passato non siano mancati i momenti turbolenti. Come negli anni Trenta del Novecento, quando a mantenere dritta la barra e a tirare fuori la barca Tassullo dalle secche della crisi fu Guido Inama, storico presidente della Tassullo spa, a cui è intitolata una via di Coredo.

“Ci vorrebbe oggi, un Guido Inama”, è il commento a mezza voce di qualche dipendente, preoccupato di quello che potrebbe accadere il 14 luglio. Quel giorno è fissata l'udienza per valutare l'eventualità del fallimento della Tassullo Materiali.

Dei due rami di attività, quello nel settore dell'energia attraverso la Tassullo Energia spa e quello nel settore dei materiali per l'edilizia, tramite la Tassullo Materiali spa, è proprio quest'ultimo ad attraversare un periodo molto difficile. Ma andiamo con ordine.

Occorre riavvolgere il nastro all’aprile 2015, quando la Tassullo Materiali – che detiene il 100% degli stabilimenti produttivi, delle cave di Tassullo, Mollaro, Solferino in provincia di Mantova e Bucarest in Romania (attraverso una società controllata) da dove viene principalmente estratta la materia prima da cui si ricava calce idraulica naturale ricercata in particolare per il restauro di monumenti storici, della miniera Rio Maggiore – presenta al Tribunale di Trento domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo in continuità, poi trasformata in concordato liquidatorio: una presa d'atto delle difficoltà – complicato ottenere finanziamenti bancari con un indebitamento totale di 51 milioni di euro -, ma anche l'affermazione della volontà di uscirne con le proprie gambe, cedendo se necessario alcune attività.

Il piano per un graduale rientro dall'esposizione nei confronti dei creditori, approvato dal Tribunale, è affidato alla vigilanza di un commissario giudiziale, il dott. Alberto Bombardelli, che però – siamo alla fine di aprile 2016 – su segnalazione del Collegio sindacale della Tassullo Materiali ravvisa nell’operato degli amministratori della società “atti in frode” nei confronti dei creditori e comportamenti tesi a ostacolare l’attività di vigilanza, chiedendo di conseguenza la revoca del concordato e il fallimento della società. In sintesi, Bombardelli contesta il fatto che Tassullo Materiali abbia continuato a vendere materiale a due società controllate, la Tassullo Beton srl e la HD System srl, nonostante il ritardo nei pagamenti delle forniture da parte di queste ultime, di aver sottoutilizzato la Cassa integrazione guadagni straordinaria, di non aver fornito al commissario stesso tempestive e adeguate informazioni.

Contestazioni che Tassullo spa e Tassullo Materiali spa respingono decisamente, ricostruendo la loro verità nella memoria difensiva sottoposta il 30 giugno scorso al giudice Attanasio. Quanto alla presunta frode, fanno presente che la Tassullo Beton dipende totalmente dalla fornitura di materiale da parte della Tassullo Materiali, svolgendo un’attività che quest’ultima non avrebbe titolo a compiere; e – scrivono gli avvocati Baiguini e Maninfior che rappresentano gli interessi della Tassullo spa – in seguito alla decisione del commissario giudiziale di interrompere i rapporti commerciali tra le due società ha dovuto licenziare nove dipendenti. Indispettisce in particolare il riferimento alla cassa integrazione. Ma come, dicono alla Tassullo Materiali, abbiamo cercato di tenere botta nonostante le difficoltà, abbiamo lavorato di più come dimostra la crescita del fatturato tra gennaio ed aprile 2016 rispetto allo stesso periodo del 2015, e questo diventa addirittura motivo di reprimenda? Nella memoria c’è poi la richiesta di confermare l’ammissione al concordato preventivo, ripristinando il consiglio d’amministrazione e l’amministratore delegato a suo tempo revocati con la nomina del commissario giudiziale, o di procedere alla nomina di un nuovo consiglio di amministrazione (i nomi proposti: Giorgio Daidola, docente all’Università di Trento, Renzo Sevignani, ex dirigente del Mediocredito Trentino-Alto Adige; Antonio Pilati, ex Presidente della Cassa Rurale di Tassullo-Nanno; Antonino Menapace, ex diplomatico; Sergio Anzelini, amministratore delegato di Trentino Sviluppo, indicato dalla Provincia Autonoma di Trento) e di un “Advisory Board”, una sorta di comitato di saggi, di cui farebbero parte Paolo Spagni, ex Direttore Generale del Servizio Industria Artigianato della Pat, indicato dalla Provincia; Carlo Borzaga, docente all’Università di Trento; Claudio Modena, docente all’Università di Padova e componente della Commissione Grandi Rischi della Protezione Civile Italiana. Una mossa che vuole essere rassicurante nei confronti dei creditori.

In via Nazionale – dove ha sede legale il Gruppo Tassullo – non si levano grida accorate, non si vedono (ancora) volti rigati dalle lacrime di fronte alla prospettiva della perdita di altri posti di lavoro (i dipendenti in provincia di Trento sono 72, più un'altra quindicina tra Italia e Romania). Piuttosto, c'è molta rabbia. E ci si chiede a chi possa giovare il fallimento di un gruppo che ha cercato costantemente negli anni di innovare i propri prodotti e di diversificare l'attività, ad esempio cercando nuovi utilizzi per le enormi cavità risultate dal lavoro di scavo della dolomia. Il loro impiego per la conservazione delle mele, dopo gli anni della sperimentazione sostenuta anche dalla Provincia Autonoma di Trento (vedi VT n. 30/2013), sembra poter rappresentare un affare redditizio. Per la realizzazione delle celle ipogee è stata costituita la società di scopo Cae (Conservazione Alta Efficienza): Tassullo Materiali ne detiene il 60%, gli altri soci, col 20% ciascuno, sono l'Isa e la Finanziaria Trentina (attraverso Ft Real Estate). Ma soprattutto promettente sembra la possibilità di utilizzare tali cavità per ospitare data center, cioè i centri elaborazione dati – con server, sistemi di archiviazione dati, sistemi informatici, infrastrutture di telecomunicazione -, ai quali le aziende affidano i loro dati. Questi data center sono grandi consumatori di energia, dovendo essere mantenuti in ambienti a temperatura costante. E la collocazione in grotta consente grandi vantaggi, tanto che l’idea ha suscitato già l’interesse dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), oltre ad essere stata citata in un documento dell’AGID, l’Agenzia per l’Italia digitale. Prospettive affascinanti, che l’assemblea dei soci, riunita mercoledì 6 luglio, ha avuto modo di riconsiderare. A prendere la parola, irritualmente, anche don Franco Torresani (la Parrocchia “Ritrovamento Santa Croce” di Coredo con 168.850 azioni pari al 3,46% del capitale, frutto di lasciti risalenti agli anni tra le due guerre mondiali, è il terzo azionista della società): non per suggerire soluzioni miracolistiche di salvataggio, ma per invitare alla coesione e all’unità di intenti, di fronte ad una sia pur piccola, ma reale possibilità di risanamento dell’azienda. Davanti al divampare di un incendio, ha esemplificato, è meglio che i soccorritori pensino a intervenire per spegnerlo, piuttosto che accusarsi a vicenda sulle cause.

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