Lo scossone del Brexit – il referendum con cui il 23 giugno la Gran Bretagna ha votato per l'uscita dall'Unione europea (il "leave", con il 51,9%, ha battuto il "remain" fermo al 48,1% con un voto a scacchiera: Inghilterra e Galles a favore, Irlanda del Nord e Scozia contrarie) – ha provocato l’annuncio delle dimissioni del Primo ministro inglese, David Cameron, l’oscillazione verso il basso della sterlina rispetto al dollaro e l’andamento negativo delle Borse di mezzo mondo. Sono solo i primi riverberi di un risultato che lascerà solchi profondi nella storia della Gran Bretagna, dell’Europa e delle politiche internazionali. Uno scossone che è arrivato fino a Bruxelles, dove il primo Consiglio europeo a 27 (senza il rappresentante britannico) ha certificato la distanza tra Londra e il resto dell’Europa comunitaria. Il Regno Unito rimarrà un partner importante dell’Ue sotto vari aspetti, ma ora prendono avvio i negoziati per ridefinire i rapporti tra l'isola e i Ventisette. Servono nervi saldi, in quest’Europa dove – ricordava il vescovo Lauro nel giorno del patrono Vigilio – “sembrano prevalere le facili vie d’uscita rispetto alla fatica di un cammino condiviso”.
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