Dopo il grande successo a Madrid presso la Fondazione MAPFRE, apre a Rovereto “I pittori della luce. Dal Divisionismo al Futurismo”, la straordinaria mostra cura a cura di Beatrice Avanzi del Musée d’Orsay, Daniela Ferrari del Mart e il professor Fernando Mazzocca dell’Università degli Studi di Milano. L’esposizione presenta oltre 80 opere articolate in sei sezioni cronologiche e tematiche: Il Divisionismo tra vero e simbolo; La luce della natura; La declinazione realista. L’impegno sociale; La declinazione simbolista. Una “pittura di idee”; Verso il futurismo; La pittura futurista.
Il Divisionismo si afferma nel 1891 a Brera, alla prima Triennale di Milano, con la prima uscita “pubblica” di un gruppo di giovani pittori lombardi di origini o di formazione: Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli, Emilio Longoni. Questo era un dato ben noto e condiviso. Molto meno ovvi, se non proprio due novità, i risultati degli studi specifici condotti in occasione della mostra appena inaugurata al MART.
In estrema sintesi possiamo dire che da questa mostra emerge come il Divisionismo italiano non è il fratello minore del Puntinismo francese, del Pointillisme non ne è l’eco ritardatario ma una versione altra, nuova, autonoma. Come ben scrive Daniela Ferrari “I pittori divisionisti piegano il rigore scientifico, sulla cui esattezza si fonda la tecnica del Pontillisme, a favore di una maggiore espressività sia luministica che cromatica. Si potrebbe azzardare l’affermazione che nel divisionismo vi sia più “calore” di quanto si possa percepire nel puntinismo”.
Ancora, questa mostra dimostra come, sul finire del XIX secolo, partendo dallo studio della luce e del colore, gli artisti italiani intraprendono un percorso pittorico che cambierà radicalmente la storia dell’arte, introducono il rivoluzionario cambiamento di mentalità su cui poggiano le basi le Avanguardie del ’900. In altri termini la mostra evidenzia come e quanto il Divisionismo italiano è la premessa indispensabile al Futurismo, tanto che il Futurismo non sarebbe comprensibile, forse non sarebbe neppure nato se non ci fosse stato il Divisionismo. La pittura futurista considerava l’esperienza del Divisionismo “un complementarismo congenito, da noi considerato essenziale e fatale”
Con questo progetto espositivo, il Mart conferma il proprio impegno e la propria capacità nel presentare al pubblico internazionale la grande arte italiana. Partendo dai capolavori delle sue collezioni, a cui si affiancano prestiti eccellenti provenienti dalle maggiori raccolte europee.
Le mostre servono per questo: per capire e per scoprire. Accostando l’uno all’altro certi quadri scelti ad hoc, ponendoli in dialogo vicendevole l’uno con l’altro (parliamo dell’esposizione di alcune tra le maggiori e più note opere di Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Vittore Grubicy de Dragon, Baldassare Longoni, Emilio Longoni, Cesare Maggi, Angelo Morbelli, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Gaetano Previati, Luigi Russolo, Giovanni Segantini, Gino Severini), le interpretazioni corrette quasi emergono da sé, non come forzature dei critici ma come lucide evidenze.
Ed è ciò che accade sia al Mart sia nella mostra, piccola ma molto intrigante, allestita ad Arco presso la Galleria Segantini: “Divisionismi dopo il Divisionismo – La pittura divisa da Segantini a Bonazza”, mostra del tutto complementare a questa di Rovereto. Due mostre da non perdere.
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