Ma che diavolo ha spinto centinaia di persone a raggiungere Caldonazzo da tutto il Trentino, sfidando la pioggia per poter ascoltare uno scrittore? E starsene lì senza fretta e senza noia a confrontarsi con le sue storie fantasiose e le sue reali scoperte?
Il successo ormai conclamato del Trentino Book Festival, rassegna libraria che esalta e riconferma la forza della pagina scritta, non si spiega certo con l'opportunità di avere anche in periferia una grande firma alla quale chiedere l'autografo o un consiglio letterario a tu per tu.
Sotto il gradimento per queste rilassate e rilassanti conversazioni in riva al lago c'è qualcosa di più profondo, esistenziale: l'esigenza di potersi confrontare con maestri che nutrano la ricerca di senso, con parole scritte che ci accompagnino nella solitudine, con bagliori di speranza che lluminino anche a distanza le nostre giornate.
Prendete quel menestrello di Roberto Vecchioni, salito sul palco sabato sera a delimitare una felicità personale che – grazie ai figli – può avere il perimetro stretto della propria casa. Oppure l’imprevedibile preside Mariapia Veladiano, che riesce a scavare dentro il pozzo di una relazione sbagliata per recuperare la forza di tornare a galla: “Si può sempre ricominciare”. O ancora quel saggio nonno dagli scarponi che è l’alpinista Heinz Steinkotter, ripiegato sui libri nel suo nido di Centa San Nicolò. Sul piccolo schermo della sua cucina ai Campregheri ha scritto “meno televisione, più lettura” e sfogliando Dostojevski e il Libro della Sapienza ne ricava proverbi per i suoi tanti amici lettori.
Questi autori dal volto umano, cittadini semplici col dono delle parole giuste, sanno diventare testimoni d’umanità, specchi di carta con cui misurarsi nella lettura. Non perché sanno scrivere in modo essenziale e suasivo, ma perché vanno al cuore della fame di vita buona, alimentano e talvolta perfino soddisfano la voglia di vivere e, soprattutto, di sperare. Anche una certa fetta di pubblico trentino – alternativo forse alle notti bianche o alle maratone colorate – si prende tempo per acquistare e divorare pagine scritte, racconti non effimeri.
Ci incoraggia questo bisogno di un confronto sul senso del convivere, dello stare insieme, del morire. Apre e prepara spazi per un dialogo che non merita di essere vanificato. Non necessariamente centrato sui massimi sistemi o sull’attualità da talk show, ma scaturito dalla narrazione della propria vita, come emerge dalla pagine di Heinz che ha trovato “sotto e sopra le nuvole” una verità di cui non si vergogna.
All'inizio dell'estate ci auguriamo di trovare lettori con l'argento vivo addosso, pagine che danno la scossa alla ricerca.
Potremo considerare un racconto – personale e comunitario insieme – anche la lettera pastorale che l'Arcivescovo Lauro ci ha donato all'inizio del suo episcopato: un testo che narra dell'uomo di oggi e del Dio di sempre, e merita una lettura empatica, non distratta. Perchè il dialogo fra chi scrive e chi legge piò rivelarsi misteriosamente produttivo.
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