Industria: la politica provinciale sta favorendo in modo sempre più determinato forme di specializzazione produttiva
Il modello di sviluppo è la struttura economica ideale che la politica sceglie come proprio fine. Ma il mondo cambia e questa scelta non è per sempre.
La rapida evoluzione degli scenari in cui si produce e si consuma la ricchezza ha messo in crisi i sistemi consolidati. Come detto al Festival dell’economia, stanno cambiando i luoghi della crescita. Non solo. Sta vacillando la fiducia nelle virtù automatiche del mercato, i cui fallimenti, sempre più profondi, sono stati denunciati con durezza anche dal Papa.
Il Trentino, nonostante i suoi pregi, non è estraneo a queste criticità. Anzi, è diffusa l’opinione che senza l’ombrello protettivo dell’autonomia la sua parabola discendente sarebbe già iniziata. La dispersione produttiva, la carenza di innovazione e d’intraprendenza, indicate da più parti come i mali del nostro sistema, potrebbero trascinarci su una via di degrado.
Il “modello trentino”, dunque, non regge più?
Il Programma di sviluppo provinciale della Giunta Rossi vede questo rischio; annuncia perciò “un graduale processo di cambiamento verso un modello economico e sociale più equilibrato e dinamico”, che implica “un generale riorientamento delle politiche di intervento della Provincia”. Il linguaggio è prudente: il Governo provinciale pare orientato a integrare più che a stravolgere l’attuale struttura della nostra economia. C’è però in Trentino un latente rimpianto per le concentrazioni di imprese in settori merceologici trainanti, cioè per i “distretti industriali”, che sono stati il motore della manifattura italiana, mentre da noi, anche per ragioni morfologiche, non sono mai decollati. La politica sembra perciò cercare una via intermedia. Così, da un lato, continua a difendere la configurazione multisettoriale e multidimensionale della nostra economia come elemento di forza più che di debolezza; dall’altro, sta però favorendo in modo sempre più determinato forme di specializzazione produttiva. Negli ultimi anni si sono alternati vari progetti per il sostegno delle filiere legate a risorse locali, come il legno e la pietra, all’indotto della produzione di assali per fuoristrada (Dana), alle commesse pubbliche in campo informatico (distretto delle ICT), ai poli dedicati all’edilizia sostenibile (Progetto Manifattura) e alla meccatronica. Nel 2013 la legge provinciale sugli incentivi è stata arricchita di un’apposita sezione dedicata alla “promozione dei distretti”; in due densi articoli appare tutta la speranza riposta in una rinascita dell’idea distrettuale, cui vengono associate nobili finalità, quali la responsabilità sociale dell’impresa, la partecipazione dei lavoratori alla vita aziendale, la stabilità dei rapporti di lavoro e l’emersione del lavoro irregolare; appare anche l’estensione di quest’idea, che abbraccia l’ipotesi di “uno o più distretti dell’innovazione e delle alte tecnologie”, senza disdegnare “lo sviluppo dei distretti artigianali”.
Queste manifestazioni di volontà politica potrebbero sembrare disarmoniche, anche se, in realtà, lasciano intravvedere una linea di cambiamento piuttosto definita: permeare la diversificazione produttiva con alcuni sistemi di imprese specializzati e performanti. Un caso esemplare è il Polo della meccatronica di Rovereto. Siamo di fronte ad una variante del modello che, con un curioso ossimoro, è stata definita “multisettorialità focalizzata”.
Funzionerà? Basterà per raddrizzare le prospettive del sistema locale? La partenza, a guardare i poli allestiti da Trentino Sviluppo a Rovereto, sembra eccellente. Poi ha da venire tutto il resto. Lo sviluppo sostenibile, la formula per battere i fallimenti del mercato, è un’ardua sfida. Per tutti.
Lascia una recensione