“Il mio sogno olimpico”

«Con Tania coppia vincente anche perché nessuna delle due cerca di sovrastare l’altra. I problemi nascono se non ci si dicono le cose». «Lo stimolo della sfida diventa cosa negativa solo a causa dell’approccio degli adulti». «Lo sport (vero) dice che non esistono scorciatoie». «Dopo la piscina famiglia e amici. E sogno di diventare mamma»

In piscina si va a Bolzano, in casa della compagna di tuffi sincro. Per la palestra ci si ferma a Trento. Insieme formano, tra i pochi, un pezzo di Regione autonoma che funziona davvero. Alla soglia dei trent’anni, Francesca Dallapé si appresta a vivere una nuova avventura olimpica, primi di agosto in Brasile, in coppia con Tania Cagnotto.

Francesca, come ci si allena ad un appuntamento olimpico?

E' la gara più importante, sono mesi tosti in cui si lavora davvero al minimo dettaglio. Ma l'allenamento vero non è negli ultimi due mesi, ma in verità è un percorso tra un’Olimpiade a l'altra: sono quattro anni che lavoro per raggiungere determinati obiettivi. Ora si tratta solo di limare i dettagli.

Olimpiade numero tre, il numero perfetto, ma con l'emozione dell'esordio?

Come se fosse la prima, anche se in questi anni sono diventata più consapevole dei miei mezzi e quindi ancora più contenta di parteciparvi, cercando di realizzare un sogno.

Non trascurate anche la parte psicologica. Ci racconti una seduta dello psicologo?

In gara è la cosa più importante, conta la testa. Ogni volta è un incontro nuovo perché si arriva da esperienze diverse ad ogni gara e quindi gli elementi cambiano. Ognuno ha qualche problema: ad esempio la poca autostima, la paura della gara o non riuscire ad affrontare le situazioni negative…

Siete la coppia più vincente di sempre, non a caso definite le “vecchiette“. Ci rammenti la “prima”?

Nel 2009 debuttammo con le prime garette a inizio anno. Poi l'esordio agli europei di Torino con l'oro. In estate arrivò l'argento ai mondiali di Roma.

Dove affonda il legame di un’accoppiata sportiva così longeva ed efficace come la vostra?

Rispetto e stima reciproca. E il fatto di essere due professioniste che non lasciano niente al caso. L'impegno è sempre al massimo e abbiamo lo stesso approccio sia in allenamento sia in gara.

Per avere perfetta sincronizzazione in fase di tuffo, c’è la necessità di fare un “passo indietro” fuori dalla competizione?

Bisogna comunque adattarsi di continuo. Talvolta io, in altri casi lei. Ma ci si viene incontro e anche questa è grande forza, perché nessuna delle due cerca di sovrastare l'altra. Ci si confronta e si cercano soluzioni per ogni problema.

Litigi?

Mai, grazie appunto al dialogo costruttivo. I problemi nascono se non si dicono le cose. Sicuramente l'amicizia è una componente in più.

In una recente intervista a “Io donna” (settimanale del Corsera) Tania Cagnotto è stata definita figlia d’arte, tu risultato di tenacia personale. Ti ritrovi?

Sì. Il mio talento è proprio la tenacia, il non mollare mai, l'essere testarda. Ci metto tutto l'impegno del mondo per cercare di raggiungere determinati obiettivi.

Perché hai scelto tuffi?

Per caso. A sei anni frequentavo un corso di nuoto con la stessa mia attuale allenatrice e invece di stare con gli altri bambini mi tuffavo da bordo vasca e facevo le capriole. Spiegarono ai miei genitori che mi avrebbero fatto provare i tuffi. Da allora non ho più smesso. Ma prima ancora i miei mi raccontano che mi tuffavo.. Poi imparai a nuotare, ma per una questione di sopravvivenza!

Il tuffo più liberante?

Mondiali di Roma 2009, dove ho vissuto un'esperienza magica. Non ce l'aspettavamo, fu ancor più emozionante.

Quello più sofferto?

Il quarto posto di Londra 2012.

Fedele ad una sola allenatrice, Giuliana Aor. Cosa ti ha impresso?

Si è sacrificata molto per potermi seguire. Abbiamo vissuto tante cose insieme e ormai sappiamo che si sta concludendo questo percorso. Mi ha insegnato la passione per lo sport.

Alla professionista dei tuffi: agonismo e sport vanno ancora a braccetto?

Lo sport è parte importante per la crescita perché ti dà delle regole da rispettare che servono anche nella vita normale. L'agonismo pure è fondamentale perché si nasce con lo stimolo della sfida che diventa cosa negativa solo a causa dell'approccio degli adulti.

Che cosa non condividi del tuo mondo?

C'è mancanza di rispetto per i ruoli. Soprattutto nei ragazzi che stanno imparando: spesso non ascoltano pensando di poter sapere tutto. Dico loro: ascoltate chi vi da un consiglio per il vostro bene!

Alla parola doping che cosa pensi?

Che gli sportivi dovrebbero essere esempio di pulizia. Lo sport dice che non esistono scorciatoie per raggiungere i propri obiettivi. Servono solo fatica, impegno, costanza.

Tuffarsi , in senso metaforico, dà l’idea di una immersione in un attività o in un pensiero. Oltre alla piscina in che cosa vorresti tuffarti appena possibile?

Nelle amicizie, nella famiglia. Farò sorridere le persone che vivono questi ambiti normalmente. Io li ho vissuti poco vista la mia vita frenetica, sempre lontana da casa.

La maternità è un obiettivo prossimo?

Sì, certo. Il prossimo sogno subito dopo le Olimpiadi. Sono sposata da tre anni e quindi sarebbe il completamento dell'essere donna.

Francesca e il volontariato. Sei stata testimonial, sul campo, per Acav. Che cosa resta di quell’esperienza?

Trovarmi in un posto di povertà assoluta dove un bicchiere d'acqua è la vita, per me che nell'acqua mi ci tuffo, è stato un impatto molto importante. Noi non ce ne rendiamo conto: sprechiamo cose che lì fanno la differenza.

L’ultima volta in cui hai pregato?

Sono cresciuta in una famiglia credente. Sono stata abituata ad andare a messa. Prima di una gara ci vado spesso e molto volentieri. Abbiamo tutti bisogno di credere in qualcosa e sono molto vicina alla fede.

Appartieni al Centro sportivo olimpico dell’Esercito. A parte le esigenze sportive, quella militare è una maglietta che ti si adatta o cozza un po’ con la tua personalità?

Mi sono stati vicini nei dieci anni della mia carriere e li devo ringraziare molto. Nel momento in cui non sarò più un'atleta sono disposti ad accogliermi anche come militare. E' un futuro che prenderò in considerazione. Sicuramente sarà la mia ultima Olimpiade, fisicamente sarebbe difficile.

Ti immagini un futuro da allenatrice?

Mi piacerebbe poter trasmettere quello che ho vissuto, ma la piscina in cui mi sono allenata per tanti anni (Fogazzaro di Trento, n.d.r.) non è adatta. Mi auguro costruiscano una nuova piscina a Trento e allora…

Dovesse arrivare una medaglia a Rio, a chi sarebbe dedicata?

A tutte le persone che mi sono state vicine e mi hanno supportata. E anche sopportata.

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