“Bravi nell’accoglienza”

Alla vigilia della Giornata mondiale del Rifugiato (20 giugno), nostra intervista a mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, che sarà a Trento sabato 18

Non una ricorrenza da celebrare, ma un'occasione che richiama alla responsabilità di ciascuno: mons. Giancarlo Perego, vivace e combattivo direttore della Fondazione Migrantes invita a vivere in prima persona la prossima Giornata mondiale del Rifugiato, che ricorre il 20 giugno prossimo. E promuove il modello di accoglienza diffusa realizzato dalla Provincia Autonoma di Trento. Sarà a Trento sabato 18 mattina, per incontrare, all'oratorio di Ravina, i volontari e i parroci coinvolti nel Progetto Accoglienza richiedenti protezione internazionale promosso dalla Diocesi di Trento attraverso la Fondazione Comunità Solidale e la Caritas, che si qualifica – all'interno del più ampio progetto di accoglienza della Provincia: 1.050 i richiedenti asilo ospitate – per il coinvolgimento delle comunità. Le persone accolte sono 77, distribuite in 16 alloggi, più altre 29 a Villa S. Nicolò, nei pressi di Ravina.

Mons. Giancarlo Perego, la Giornata del Rifugiato nell’Anno Santo della Misericordia suscita interrogativi e sollecita risposte concrete.

La prima attenzione in questa Giornata va ai 370 mila richiedenti asilo e rifugiati che sono sbarcati fra il 2014 e il primo giugno 2016 sulle nostre coste e ai 120 mila accolti nelle strutture di prima e di seconda accoglienza. Un mondo importante e significativo a cui guardare sul piano della tutela in questa Giornata.

Tra le proposte di quest’anno c’è l’attenzione all’accoglienza diffusa in tutti i Comuni italiani.

Rileviamo che sono soltanto 600 su 8.000 i Comuni che hanno realizzato un progetto di accoglienza.

Un’altra sottolineatura in questa Giornata?

L’altra attenzione è ai minori non accompagnati. Sono quasi 12 mila, di cui 9 mila accolti in strutture che somigliano più ad orfanotrofi che a delle case famiglia come prevede la legge.

E ancora?

Un’altra proposta importante riguarda il rilascio di permessi di protezione temporanea per tutte quelle persone che vedono oggi il diniego da parte delle Commissioni di un permesso di asilo, in modo tale da far ripartire dalla legalità la presenza di almeno 40 mila persone che rischiano di essere sul territorio senza un titolo di soggiorno e di entrare in percorsi di sfruttamento e di tratta degli esseri umani.

Mons. Perego, ogniqualvolta la Fondazione Migrantes piuttosto che la Cei o le associazioni impegnate nell'accoglienza dei migranti forzati pongono la questione di un arrivo sicuro, ad esempio attraverso i corridoi umanitari, si solleva la pancia del Paese.

Purtroppo quando si parla di richiedenti asilo non si evidenza con chiarezza qual è il peso reale di questo fenomeno: parliamo di 120 mila persone in un Paese di 60 milioni di abitanti.

L'equivalente di una nuova città…

Che corrisponde quasi ai 107 mila italiani che – solo nel 2015 – hanno lasciato il nostro Paese per andare a trovare un lavoro, una vita migliore in un altro Paese. Non possiamo parlare di emergenza.

Eppure spesso a leggere i titoli dei giornali l'associazione “emergenza” e fenomeno migratorio sembra automatica.

Come ha rilevato la Carta di Roma (associazione che opera per una informazione corretta sui temi dell’immigrazione, ndr), è cresciuta del 40 per cento sui giornali un'interpretazione in forme emergenziali del fenomeno. Questa percezione è certamente falsa, fuorviante.

La Giornata del 20 giugno può essere occasione per correggere il tiro?

Sì, e anche un’occasione importante per puntare il dito su tutte quelle letture populiste e false, che non colgono invece l’importanza di tutelare, in una democrazia, un diritto fondamentale come il diritto d’asilo.

Migrazioni e informazione: un rapporto sempre molto delicato.

Ricordo che la Carta di Roma è nata nel 2011 dopo un’indagine realizzata dalla Sapienza di Roma che dimostrava come il 91 per cento degli articoli dei quotidiani italiani coniugava la parola immigrato con le parole criminale, clandestino, irregolare.

L'accoglienza è un tema importante di questa Giornata.

Noi insistiamo in particolare sull’idea di accoglienza diffusa: in questo senso la Provincia Autonoma di Trento ha dimostrato che l’accoglienza può avvenire anche nelle valli e nei piccoli paesi, con un progetto che può essere significativo anche per altri Comuni e altri territori italiani.

Un'altra questione che la Fondazione Migrantes non si stanca di porre è quella dell'arrivo in sicurezza dei migranti forzati.

Chi è in fuga da guerre, da disastri ambientali, da persecuzioni politiche o religiose ha diritto ad un arrivo sicuro. La nostra proposta è quella dei corridoi umanitari, che dovrebbe vedere tutti e 28 i Paesi europei utilizzare la possibilità che le proprie ambasciate e consolati nei Paesi di partenza dei migranti che fuggono da situazioni drammatiche possano dare un visto per l’ingresso a tante persone altrimenti costrette ad attraversare il Mediterraneo o l’Egeo in viaggi organizzati dai trafficanti.

Corridoi umanitari che hanno portato finora in Italia solo un centinaio di profughi siriani.

Restano però uno dei modi più importanti per combattere la tratta di esseri umani che alimenta il terrorismo e le mafie.

La Chiesa cattolica italiana non si stanca di ribadire, oltre al dovere dell'accoglienza, anche la necessità di creare condizioni di vita dignitosa nei Paesi di origine dei migranti.

Già cinquant'anni fa, nel 1967, Paolo VI scrivendo la Populorum progressio ricordava che se noi non ci fossimo impegnati nella cooperazione allo sviluppo dei Paesi più poveri, destinando beni e risorse alla crescita dei popoli più poveri, la rabbia di questi si sarebbe rivolta anche contro di noi. Le migrazioni sono anche un segno di questa povertà, di questa conflittualità, di questa mancanza di beni essenziali, oltre che di sfruttamento in alcuni Paesi più poveri. Nel magistero sociale della Chiesa il diritto di rimanere nella propria terra ha altrettanto valore quanto il diritto di migrare.

La cooperazione internazionale è un altro tema importante che volete rilanciare in questa Giornata.

La Chiesa italiana con l’8xmille nel 2015 ha destinato 93 milioni di euro a 748 progetti in tutto il mondo – oltre la metà solo per l’Africa: il 53 per cento delle risorse -, in quei Paesi da cui oggi partono molte persone. Nell’Anno del Giubileo, in rete con la Focsiv, la Chiesa italiana si è impegnata a realizzare mille progetti di cooperazione allo sviluppo nei Paesi di origine delle persone che sbarcano sulle nostre coste. Questo sforzo di cooperazione è un altro segno importante per fare di questa Giornata un passo in avanti a tutela del diritto delle persone a rimanere nella propria terra.

L'“aiutiamoli a casa loro” è tutt'altro che uno slogan di facile presa: è piuttosto un'assunzione di responsabilità, un impegno che chede fatica, pazienza, intelligenza.

Lo sentiamo ripetere spesso: “aiutiamoli a casa loro”. Parole populiste e senza senso e tante volte senza impegno concreto: dovrebbero lasciare il posto a un impegno politico di cooperazione allo sviluppo che manca purtroppo da troppo in Italia e in Europa.

Mons. Perego, a Trento nei giorni scorsi una rissa nella piazza vicina alla stazione dei treni ha coinvolto una cinquantina di persone provenienti dal nord e dal centro Africa, procurando allarme sociale. I primi accertamenti escludono il coinvolgimento di persone richiedenti asilo coinvolte nei progetti di accoglienza. Ma non sono mancate le speculazioni politiche.

Per quanto riguarda la questione sicurezza, i dati del ministero della Giustizia dimostrano che nonostante la crescita di oltre un milione di immigrati negli ultimi cinque anni, la criminalità è diminuita del 40 per cento. Non è vera l’equazione più immigrati più criminalità.

Detto questo?

Bisogna fare in modo che le persone non rimangano sole e vittime di circuiti di microcriminalità. I percorsi di inclusione sociale chiedono uno sforzo maggiore sul piano delle politiche sociali nelle nostre città.

In questo senso si è posta la questione di come coinvolgere i richiedenti asilo nel volontariato o in lavori socialmente utili.

Una proposta è stata presentata dalle Caritas e da Migrantes. I lavori socialmente utili sono già realtà in diversi Comuni. Ma al di là di questo occorre cambiare la prospettiva della politica dell'immigrazione, oggi troppo incentrata sulla sicurezza e poco sull'inclusione sociale. Il 90 per cento delle risorse è sulla sicurezza, il 10 per cento sull'inclusione sociale.

Forse sarebbe il tempo, come sta avvenendo ad esempio in Germania, di rafforzare le risorse che vanno sull'inclusione.

Le risorse sull'integrazione, a favore della scuola e dell'associazionismo sono quelle che possono cambiare la città e accompagnare processi di integrazione sociale. Senza i quali c'è il rischio che nascano enclaves come quelle che abbiamo visto o situazioni drammatiche come quelle di questi giorni negli Stati Uniti, dove l'immigrato diventa un punto di forza di nuove forme di fondamentalismo.

a cura di Antonella Carlin e Augusto Goio

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