Il ruolo fondamentale dei territori è emerso sia dall’incontro dei governatori Rossi, Maroni e Serracchiani sia dalle realtà presenti in piazza S. Maria Maggiore
Se non sarà per convinzione, sarà per necessità, ma la strada dell’economia della condivisione sembra essere quella obbligata. Può essere questa forse l’idea che fa sintesi della miriade di parole pronunciate e ascoltate nell’edizione 2016 del Festival dell’economia di Trento, l’undicesima, che ha indagato “I luoghi della crescita”. Si è espresso in questi termini anche il premio Nobel 2001 Michael Spence, chiudendo con il suo intervento domenica 5 giugno al Teatro Sociale quattro giorni densi. La situazione globale è insostenibile, la transizione non sarà facile per nessuno, perché “l’urbanizzazione spinta e l’avvento delle tecnologie robotizzate complicheranno le cose, cancellando molti posti di lavoro”. Ma Spence si è detto convinto che “nuove piattaforme digitali daranno vita a nuovi mercati, nuovi servizi, nuove risposte ai bisogni delle persone”. E’ un futuro dentro il quale in parte già stiamo – pensiamo alle piattaforme che consentono di condividere l’uso della propria auto o di prestare il proprio appartamento – e che non deve spaventare. A patto però di trovare il modo di tenere insieme l’apertura alle nuove forme dell’economia e il rispetto delle regole, suggerisce la Commissione europea, che ha presentato in questi giorni gli orientamenti dell’esecutivo comunitario per il settore dell’economia di condivisione.
Nuove forme, nuove regole
Agli Stati membri si chiede di non ostacolare questi nuovi modelli economici, assicurando però che vengano pagate le tasse e che siano garantiti la sicurezza e i diritti dei consumatori e dei lavoratori. “Quando stai in un mondo che cambia velocemente – ha detto il ministro del lavoro Giuliano Poletti, intervenuto sul tema “Web, robot e fine del lavoro” – se ti difendi hai già perso. E In Italia, a forza di difenderci dai cambiamenti, abbiamo perso due giri”, ha concluso, riferendosi al piano per la banda larga e alla riforma del lavoro “che potevamo fare dieci anni prima”. Se il ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha parlato dell’Italia come di “un paese diviso” tra imprese che competono sui mercati internazionali e imprese legate al mercato domestico che non riescono a innovare, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha suggerito che il risparmio degli italiani “sia canalizzato verso investimenti a medio e lungo termine”, verso quell’economia reale che, pur in presenza di squilibri, è ancora la forza dei nostri territori: lo hanno ribadito i governatori di Trentino, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, Ugo Rossi, Debora Serracchiani e Roberto Maroni.
Il ruolo fondamentale dei territori è emerso anche dall’incontro promosso dalla Federazione trentina della cooperazione insieme alla Sec (Scuola di economia civile), fondata dal prof. Stefano Zamagni. Il turbo-capitalismo sfrutta i territori e li abbruttisce, premia la rendita e cerca di massimizzare i profitti. L’economia civile mette invece al centro le persone, i loro bisogni, la ricerca della felicità. Lo ha ricordato Zamagni, convinto sostenitore dell’economia civile. Quell’economia è stata ben rappresentata nella rinnovata piazza Santa Maria Maggiore dalle iniziative promosse dalla Fondazione Franco Demarchi e dalle trenta realtà pubbliche e del privato sociale, della cooperazione e del volontariato lì ospitate.
Un Festival pluricentrico
Sì, perché il Festival anche quest’anno non è vissuto solo nelle sale che hanno ospitato i dibattiti: mai come in questa edizione si è rivelato pluricentrico, riversandosi nelle piazze. Con due significative novità: in piazza Fiera il villaggio del fare e del gusto trentino e in piazza S. Maria Maggiore i protagonisti dell’economia sociale. A dare loro voce l’emittente diocesana, radio Trentino inBlu, per raccontare il Festival dal punto di vista sociale, dello sviluppo sostenibile e della cittadinanza attiva. Le realtà presenti in piazza hanno animato ben 15 ore di diretta in tre giorni, dal 3 al 5 giugno. “E’ una piazza bella dal punto di vista architettonico, ma la vogliamo pure ricca di relazioni”, osserva Piergiorgio Reggio, presidente della Fondazione Demarchi. “Possiamo alimentare di buone relazioni la vita quotidiana? Sì, ci dicono le tante iniziative proposte in questi giorni. E’ uno scambio di saperi, di desideri, di disponibilità di tempo e di idee”.
“Questa piazza è un esempio di comunità che cresce nel segno della condivisione”, sintetizza don Andrea Decarli, parroco del Duomo e di Santa Maria. “La relazione è un valore anche dal punto di vista economico. Dobbiamo imparare a condividere e a coltivare il gusto di stare insieme e di condividere i beni, ricostruendo un tessuto sociale di comunità per un futuro più bello per tutti”.
Una piazza che cresce
Quello che Franco Dapor dell’Associazione Rinascita di Torre Vanga definisce “un tentativo di sperimentare socialità nuove” si è tradotto in un programma fitto di iniziative, per dare gambe allo slogan “Una piazza che cresce”: dai laboratori per bambini della cooperativa Arianna (Francesca Pontara: “Abbiamo portato i giochi di una volta, da cortile: un modo per crescere in piazza, con la piazza”,) alla presentazione di politiche familiari capaci di far crescere il territorio (Anna Zattoni di Valore D: “L’equilibrio tra uomini e donne nelle aziende porta a risultati economici migliori”); dal modo per valorizzare le esperienze di chi è uscito dal Trentino per realizzarsi all’estero (Simone Casciano di Altrovereporter: “Giovani come Thomas Cristofoletti, oggi affermato fotogiornalista e autore di eportage a sfondo sociale, che si racconterà il 17 giugno alle 20.30 nella Sala della Comunità a Riva del Garda”) al racconto dei 40 giovani che hanno partecipato a maggio a Strassburgo all’European Youth Event; dai quiz per sperimentare la cittadinanzattiva proposti dall’associazione Più democrazia in Trentino (Daniela Filbier: “Un modo per avvicinare ai temi della democrazia diretta”) alle testimonianze dei profughi siriani, che in piazza hanno costruito una tenda come quelle dove hanno trascorso 4 anni in Libano (è ora nel cortile di palazzo Thun che ospita fino al 15 giugno la mostra sui corridoi umanitari); e poi le cooperative del Consolida impegnate nel servizio alla persona piuttosto che nell’inclusione lavorativa.
La forza è il radicamento
Se il mercato, osserva Giovanni Teneggi, direttore di Confcooperative di Reggio Emilia, spinge verso economie di scala e obiettivi di efficienza, importante è mantenere il radicamento nel territorio. La sfida, osserva Gino Mazzoli, presidente della Fondazione Demarchi, è “costruire iniziative di sostegno alla persona, a favore delle nuove fragilità, che siano economicamente sostenibili”. E’ quello che le cooperative chiedono al loro consorzio, spiega Serenella Cipriani, presidente di Consolida: “Leggere i bisogni del territorio e promuovere politiche conseguenti”. Vale a dire: perseguire l’obiettivo di un’economia inclusiva, che non esclude nessuno. Annuisce Violetta Plotegher, assessora regionale alle politiche sociali, e apprezza: “Mi piace che questi discorsi e ragionamenti avvengano in una piazza, che è per eccellenza il luogo dell’incontro, delle relazioni. E che deve essere uno spazio sociale inclusivo, reso vivo dall’incontro delle persone”.
La distribuzione, il 5 giugno a mezzogiorno, del pane realizzato dalle Associazioni Carpe Diem e Germogli nel forno sociale, che grande interesse ha riscosso in tutti e tre i giorni, ha chiuso con un gesto carico di forti significati un appuntamento riuscito.
“In questo tempo povero di amicizia sociale, il nostro compito è quello di costruire comunità”, ha twittato Papa Francesco. Le realtà sociali presenti nella “piazza che cresce” ci hanno provato.
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