Gesù, porta di accesso al Padre. Tra le porte da tenere aperte nella vita ve ne è una di cruciale importanza, la più promettente per i cristiani perché conduce all’abbraccio dell’amore del Padre misericordioso, come è scritto nel Vangelo di Giovanni: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato”.
In questo anno di grazia alla scoperta del volto misericordioso di Dio che chiama a pregustare la gioia della Pasqua anche la realtà pastorale di Baselga del Bondone, Cadine, Sopramonte e Vigolo Baselga s’è messa in cammino verso la Porta Santa. Lo ha fatto nel pomeriggio del primo sabato di giugno segnato da un cielo plumbeo, alla vigilia della liturgia domenicale diretta ad approfondire il tema della vittoria di Cristo sulla morte, con un centinaio abbondante di “pellegrini della misericordia” diretti a una meta precisa, la cattedrale di Trento, che ancor prima di luogo fisico rispecchia l’anelito di viandanti protesi verso una meta spirituale, un atteggiamento di ricerca interiore, come Papa Francesco insegna, perché la divina misericordia raggiunga ogni generazione.
Il tratto del sentiero di San Vili da Cadine al capoluogo trentino affrontato con giovialità sotto la guida di don Ruggero Fattor ha immerso, vessati poi dalla pioggia, in un clima di preghiera, di comunione e fraternità ma pure di silenzio, come ogni pellegrinaggio che si rispetti, in quella alterna solitudine propizia per calarsi nella dimensione penitenziale alla base del cammino di conversione del cuore. Senza la rigenerazione spirituale, infatti, i riti rimarrebbero nient’altro che una formalità.
Incamminatisi lungo il sentiero di San Vigilio, martirizzato a Spiazzo Rendena nel V secolo durante la sua opera di evangelizzazione, bambini, giovani e adulti riconoscibili dall’abbigliamento tipico fatto di scarpe impolverate, grossi zaini, cappello e bastone sono discesi dal monte Soprasasso a quota 800 metri in località Vela per poi impegnare strade asfaltate e pianeggianti in direzione Piedicastello quasi scordandosi per un attimo, ciascuno, del proprio fardello farcendosi generosamente carico l’uno dell’altro.
Nella chiesa di Sant’Apollinare ricostruita ad opera dei Padri Benedettini, l’accoglienza di don Piero Rattin: “Siamo qui per farci insegnare da Maria”, ha introdotto prima di passare alla descrizione dell’immagine della Madonna di Piedicastello, frammento di affresco di scuola giottesca dipinto sulla parete esterna dell’edificio sacro e che la legenda vuole essere stata sfigurata in volto, sgorgando sangue, dai soldati del generale Vendome durante l’assedio alla città.
Ancora, un ulteriore momento di riflessione presso la basilica di S. Maria Maggiore, chiesa plebana, luogo primario di culto della comunità cristiana trentina proprio dove doveva sorgere un “asylum” per l’assistenza dei poveri e dei pellegrini. Trepidazione, infine, per il gesto giubilare del varcare la “porta del vescovo” della cattedrale, enfatizzata dall’ampio protiro rinascimentale e temporaneamente aperta per l’Anno Santo, ponendosi ogni cristiano di fronte all’appello esistenziale per ritornare alla sorgente battesimale e accogliere il nuovo che attende oltre la soglia.
“Avete camminato – le parole di mons. Lodovico Maule che ha accolto i pellegrini ai margini di piazza Duomo tinta di arancione dal popolo dello scoiattolo in fermento – ora possiate ritornare alle vostre case rinnovati dall’esperienza edificante e fortificante della misericordia di Dio diventando voi, a vostra volta, segni di misericordia, pace e perdono”. A fargli eco don Ruggero, metaforizzando: “Ogni goccia di pioggia che ci ha accompagnati in questo pellegrinaggio si trasformi in gocce abbondanti di misericordia”. Inesauribili, come i raggi del sole cha ha fatto capolino soltanto in tarda serata, per raggiungere l’umanità intera, sempre e dovunque, facendole compiere un passo avanti nel cammino di figli di Dio.
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