Tra i temi sul piatto, l'economia condivisa e le conseguenze della crisi migratoria sulle fragili economie europee
Si apre giovedì 2 giugno a Trento l’undicesima edizione del Festival dell’economia. Nei teatri e nelle piazze, in biblioteca o in università economisti, ricercatori, ma anche urbanisti, demografi e sociologi, personalità politiche e istituzionali discuteranno insieme a chi ha oggi – o ha avuto in passato – un ruolo attivo nel governo dei territori su quali siano oggi i “luoghi della crescita”, quelli dove la geografia economica del mondo segnala una crescente concentrazione della crescita economica, per capire quali ingredienti sono necessari per lo sviluppo (possibilmente, di tutti). Ne parleranno anche cinque ministri del governo Renzi, e, per dare voce ai territori, i presidenti di Trentino, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia Ugo Rossi, Debora Serracchiani e Roberto Maroni (il 3 giugno), mentre la chiusura è affidata al premio Nobel 2001, Michael Spence.
Il crescere di poche, grandi città in grado di attrarre capitale umano e di stimolare l’innovazione pone però, accanto ai benefici, anche seri rischi di creare segregazione abitativa e marginalità sociale: ciò è ben presente ai promotori del Festival. Per questo si ragionerà anche sul ruolo della sharing economy (economia condivisa), le tante piccole opportunità di lavoro autonomo create dalle grandi piattaforme che promuovono il contatto fra domanda e offerta sulla rete, nell’affrontare i problemi sociali di molte periferie urbane. “Il rischio c’è e lo si può affrontare se invece che guardare alla quantità, alla crescita, puntiamo alla qualità, se guardiamo al bene comune e alla sostenibilità sociale”, osserva il prof. Leonardo Becchetti, docente di economia politica all'Università di Roma “Tor Vergata”. “Ci interessa un modello di Italia dove vincono la qualità e l’innovazione; dove vince una creazione di valore che si fonda anche su aspetti etici, dimensione – questa – sempre più importante: penso ai prodotti della legalità, della sostenibilità ambientale, della sostenibilità sociale. Questa è la crescita buona a cui bisogna puntare”. Qualche esempio concreto? L’efficientamento energetico degli edifici che, osserva Becchetti, se fosse reso obbligatorio avrebbe un impatto enorme sul Paese. “Non possiamo agire in due tempi, dire che qualunque crescita ci va bene, tanto poi metteremo delle pezze… Ci sono già molti esempi di un’Italia di qualità”, annota Becchetti.
“Oggi registriamo un depauperamento dei legami sociali e quindi i processi economici non vengono sostenuti, ma l’economia può crescere solo se sta legata con i territori”, osserva il prof. Gino Mazzoli, psicosociologo, esperto di welfare e processi partecipativi, che coordinerà come vicepresidente della Fondazione Demarchi il confronto di venerdì 3 pomeriggio sull’economia condivisa. “Altrimenti c’è un’economia predatoria centrata sulla finanza. Dove c’è un capitale sociale rilevante, come in Trentino, dovete far di tutto per incentivarlo, altrimenti… potremo anche avere un’economia che tira, ma la disoccupazione che sale”.
Alcuni esempi virtuosi (come il welfare di comunità in zone di alta montagna o l’esperienza della Caritas di Lucca) saranno portati al dibattito del Festival dell’Economia, ma Mazzoli vuol citare una start up lanciata proprio a Trento – il sito www.abito.me – che vede diversi abitanti dello stesso condominio condividere le loro risorse (dal tagliaerbe, al wi-fi, agli spazi) in un progetto condiviso a costo zero. “I promotori del progetto infatti tengono per sé solo il 3 per cento del guadagno risparmiato, ma essendo sociologi sono molto attenti anche alle relazioni sociali fra i condomini”. Progetti di economia condivisa come questi a livello nazionale hanno già raggiunto dimensioni rilevanti, “con la stessa velocità con cui si sono diffusi nel mondo Facebook o Whatsapp, a dimostrazione che c’è un immaginario collettivo che porta con convinzione alla condivisione dei beni, anche dei beni di consumo”.
Attenzione, però, avverte Becchetti: nella sharing economy, dietro gli ideali molto belli della condivisione, ci sono dei rischi. “Alcune esperienze c’è il rischio che siano fondamentalmente forme di capitalismo aggressivo, dove la prestazione di lavoro diventa bracciantato 2.0 e dove tutta la creazione di valore è concentrata in chi gestisce le piattaforme”, mette in guardia Becchetti, citando la protesta dei guidatori di Uber Londra che si erano accorti di essere ben al di sotto del salario minimo.
Tra le questioni in agenda, la crescita senza occupazione (ne parlerà il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti). “L’uomo può fare concorrenza alla macchina – osserva Becchetti – solo se punta sulla conoscenza generativa (l’innovazione), sui servizi alla persona e sulle attività del tempo libero. Saranno questi i fattori competitivi della persona rispetto alla macchina e su questi occorre puntare. A livello macroeconomico, c’è bisogno di politiche che sappiano gestire i fenomeni socialmente delicati di espulsione dal lavoro di grandi masse di persone”. E’ il caso recente della Foxconn, fornitrice di componenti per Apple, che ha totalmente automatizzato la propria produzione, licenziando 64 mila persone. Per gestire queste transizioni, Becchetti vede con favore l’istituzione di redditi di cittadinanza, finalizzati però a quella che il professore chiama “la piena attività”: “Per la dignità delle persone, deve essere questo l’obiettivo a cui tendere”.
Fiducia, solidarietà, crescita: tre parole chiave del Festival di Trento, che Becchetti declina così: “La fiducia è una virtù sociale molto importante. Va costruita, non è scontata. E' attraverso le reti di fiducia che si crea capitale sociale, che i territori costruiscono la propria prosperità. E' la mancanza di fiducia tra i Paesi europei che impedisce di condividere risorse, investimenti, debito. Della crescita ci interessa la qualità. Infine la solidarietà: va esercitata con quella parte di Italia che non ce la fa, tenendo conto che la vera solidarietà è quella che stimola la capacità di rimettersi in piedi”.
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