Terra, madre degli uomini

“Noi siamo terra orante:/ nostra sorella e nutrice/ la terra, madre che ci germoglia/ unitamente/ alle eterne radici…", scriveva padre Maria Turoldo. Lo ha ricordato don Marcello Farina nell'incontro che ha inaugurato il Festival Biblico – l'iniziativa nata a Vicenza nel 2005 e poi estesasi anche ad altre città tra cui Trento, dove è giunta alla seconda edizione – svoltosi giovedì 19 maggio nella suggestiva cornice del Big Void del Muse. Il sacerdote ha offerto un'intensa riflessione su "La terra non stanca mai. Il grido della terra, il grido dei poveri" legando simbolicamente il tema dello scorso festival, dedicato alla salvaguardia del creato, con quello di quest'anno, "Giustizia e Pace si baceranno".

"Giustizia intesa in senso ampio è quella dovuta a tutte le creature che abitano la terra, non solo all'uomo", ha detto nel benvenuto introduttivo il direttore del Polo culturale diocesano Vigilianum e dell'Ufficio diocesano Cultura e Università Leonardo Paris, evidenziando la varietà di linguaggi scelti per parlare della Bibbia negli appuntamenti in programma nel corso dei quattro giorni "biblici" e ringraziando il direttore del Muse Marco Andreatta per l'ospitalità nel luogo che meglio di ogni altro esprime l'attenzione e la cura per tutti gli esseri viventi.

"La terra non stanca mai" è un verso del poeta americano Walt Whitman che dedicò la sua opera a cantare la terra e sembra rivolgere all'uomo l'invito e il compito di "custodire e coltivare" la creazione e la giustizia.

"Siamo in un tempo favorevole per il ritorno alla terra, intesa come natura, creato, cosmo e anche carne e materia che ha in sé la vita delle generazioni future e dell'umanità intera", ha esordito don Farina, sottolineando la necessità di distanziarsi dalla visione antropocentrica moderna.

L'idea dell'uomo "corona del creato" è giunta al limite come ha affermato recentemente il teologo Jürgen Moltmann e "la terra non deve essere considerata serva dell'uomo ma un grande essere creativo e un mistero gaudioso da contemplare", ha detto il sacerdote ricordando testimonianze quali il Cantico di S. Francesco, la cui povertà era rinuncia a trattare la realtà e la terra come oggetto d'uso e di dominio, il testo di un maestro sufi e quello di un capo indiano che nel 1854 si rivolse al presidente Franklin Pierce magnificando la terra dei suoi antenati. "La Carta della Terra, redatta tra il 1992 e il 2000, sembra raccogliere questa sensibilità – ha proseguito – e ci ricorda che la terra ospita una variegata comunità di esseri viventi. Il genere umano ne fa parte e deve tutelare le altre creature, ma l'ambientalismo contemporaneo non si è ancora liberato dalla visione antropocentrica poiché non riconosce alla terra la sua soggettività e ne promuove la tutela solo a beneficio dell'uomo e per la sua utilità".

Occorre invece ricordare che la terra non offre solo l'habitat necessario allo sviluppo dell'esistenza, ma è grembo vitale che genera esseri viventi e anche l'uomo viene dalla terra: "Dio ha plasmato l'uomo, Adam, il terroso. Creato per ultimo, la sua esistenza dipende da quella delle altre creature che invece possono vivere indipendentemente da lui". La terra custodisce il mistero dell'origine e della fine, quando giunge a compimento ciò che ha avuto inizio e ogni vita, simile ad un seme, raggiunge la sua pienezza. La salvaguardia del creato, perciò, oltre a essere un dovere sacro, è rispetto per la vita e giustizia che si esplica nel limitare violenze e fermare l'estinzione di specie naturali.

L'incontro si è chiuso con l'invito rivolto da don Farina a saper guardare la realtà del cosmo con occhi più sapienti, per riscoprire la bellezza dell'interdipendenza tra uomo e terra e assumere la responsabilità di conservare e contemplare entrambi.

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