Il Paese balcanico è specchio della divisione etnica sancita dagli accordi di pace di Dayton, un dibattito alle Gallerie di Piedicastello (Trento)
Negli anni Novanta del secolo scorso la ex Jugoslavia fu ridotta in pezzi da una serie di conflitti che causarono la nascita di nuovi Stati. Dalla fine di queste guerre, in Bosnia Erzegovina appare ancora lontana la riconciliazione tra serbi, croati e bosgnacchi. “Il Paese è congelato a vent’anni fa. Almeno fino a quando ognuno dei tre gruppi etnici non ammetterà le proprie responsabilità e dirà, chiaramente, sì, questo è accaduto, questa è la verità”, ha sottolineato Nicole Corritore dell’Osservatorio Balcani e Caucaso (OBC) di Rovereto, nel corso di una conferenza svoltasi il 18 maggio scorso alle Gallerie di Piedicastello a Trento promossa dal Forum trentino per la pace, dall’associazione 46° parallelo in collaborazione con “Progetto Prijedor” e “Trentino con i Balcani”. D’altronde, se pochi giorni prima che il Tribunale penale internazionale dell’Aja condannasse il leader serbo-bosniaco Radovan Karadžić a 40 anni di carcere per il genocidio di Srebrenica, veniva inaugurata, il 20 marzo scorso a Pale, una Casa dello studente a lui intitolata, c’è ben poco da essere ottimisti. Come, simbolicamente, non induce ad un reciproco riconoscimento neppure la targa posta all’entrata della biblioteca di Sarajevo (città ormai al 90% musulmana dopo essere stata per secoli esempio di interetnicità e interreligiosità) ricostruita dopo la distruzione ad opera dei “criminali serbi” (così sta scritto) nel corso di un assedio durato oltre 1000 giorni e inaugurata un paio d’anni fa.
“La Bosnia cammina sulle sabbie mobili – ha detto Raffaele Crocco, giornalista Rai –. I conti con il passato non sono ancora stati fatti. Per ritornare a quanto successo a Pale, pensate cosa succederebbe se in Italia venisse intitolata una scuola a Benito Mussolini”.
La Bosnia Erzegovina è specchio della divisione etnica sancita dagli accordi di pace di Dayton. E’ costituita dalla Federazione croato-musulmana e dalla Repubblica Srpska. La disoccupazione è al 40%, il reddito medio mensile arriva ai 400 euro, il welfare collassato, in molti Comuni non si vota da anni, Amnesty International stima che vi siano ancora 10 mila criminali di guerra a piede libero; su 2 milioni 200 mila bosniaci espatriati a causa della guerra, 1 milione è rientrato, ma solo 500 mila nei territori di provenienza; i governi adottano metodi familistici e clientelari; la corruzione è la regola. “Senza una catarsi, che adesso non c’è – ha sottolineato l’attivista e blogger Srdjan Šušnica – non ci potrà mai essere riconciliazione”.
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