Il missionario salesiano che esplorò terre sconosciute dell'Argentina e del Cile
Immortalato tra gli allievi del collegio San Josè di Punta Arenas nel 1910, non guarda nell'obiettivo ma punta lo sguardo altrove e sembra indicare la via dell'esplorazione, seguendo i meandri del Rio Roca e del lago omonimo nella valle di Lapataia, nella Terra del Fuoco per poi proseguire tra laghi, cittadine, picchi, cime innevate, ghiacciai. Quella che ritrae padre Alberto De Agostini, missionario salesiano, alpinista, fotografo e documentarista, scrittore, naturalista e cartografo, è l'immagine di apertura di "Nelle terre dei sogni di Don Bosco – Alberto Maria De Agostini dal Piemonte all'America Australe", la mostra allestita a palazzo Roccabruna fino all'8 maggio in occasione del Trento Film Festival, e idealmente invita al viaggio di scoperta che attende il visitatore attraverso le 64 stampe di medio formato appartenenti alle collezioni del Museo nazionale della Montagna di Torino.
Le fotografie in bianco e nero catturano paesaggi di una terra lontana e momenti di vita quotidiana dei suoi abitanti, gli ultimi indio delle regioni meridionali dell'Argentina e del Cile, suscitando curiosità per le regioni australi d'America e per una natura in gran parte inesplorata, con le cime che poi diventeranno mete alpinistiche famose: Fitz Roy, Torri del Paine, Sarmiento.
Nel 1910, un anno dopo essere stato ordinato sacerdote, padre Alberto venne inviato in missione nella "Fin de Mundo" e iniziò subito le prime esplorazioni nell'arcipelago della Terra del Fuoco, proseguendo fino al 1929 e poi mostrando per la prima volta la Patagonia e la Terra del Fuoco in tutta la loro bellezza in "Terre Magellaniche", documentario realizzato nel 1933, parte della Cineteca Storica del Museomontagna.
Nel 1928 diede alle stampe il primo dei suoi libri sulla regione "I miei viaggi nella Terra del Fuoco", a cui seguirono "Andes Patagonicos" che narrava quelli nella zona patagonica, compiuti dal 1916 al 1944, e "Sfingi di ghiaccio" che racconta la spedizione del 1956 sul Monte Sarmiento.
De Agostini proveniva da un ambiente, quello biellese, dove già illustri predecessori come i Sella e i Piacenza si erano cimentati con l'alpinismo, la geografia e la fotografia. Il giovane Alberto respirò e assimilò quell'atmosfera culturale e iniziò a dedicarsi presto alle escursioni e alle ricerche ritornando spesso in valle d'Aosta dove scalò il Cervino e il Monte Rosa. La fotografia era una delle passioni coltivata prima di diventare sacerdote, e una parte delle immagini esposte mostra questa attività con scorci di Oropa e del biellese, luoghi di origine del salesiano e della valle d'Aosta.
Dopo una vita avventurosa, spesa tra evangelizzazione ed esplorazione, l'opera di "Padre Patagonia" sembrava smarrita, ma a partire dal 1984 e per i trent'anni successivi fotografie e film appartenenti alle collezioni del Museomontagna sono stati rivalorizzati, facendo così conoscere la figura, il lavoro e il pensiero di don Bosco, il santo fondatore della Congregazione Salesiana che aveva visto in sogno le terre magellaniche.
Da allora le testimonianze di una vita trascorsa nelle terre del “Fin de Mundo” sono state proposte in quattro esposizioni, a cui si è aggiunta quest'ultima, con 30 allestimenti in Italia, Argentina, Cile, Canada e Svizzera.
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