Nella giornata informativa per i giornalisti, organizzata dalla Provincia a Villa Santi, nel comune di Tre Ville, è stato sottolineato come la cultura dell'orso in sede locale sia determinante per la salvaguardia della specie
Proseguono gli incontri informativi della Provincia autonoma di Trento sui grandi carnivori. Nell'educational organizzato per i giornalisti venerdì 15 aprile a Villa Santi, la Casa Natura del Parco Adamello Brenta nel comune di Tre Ville, si è parlato di nuovo del Progetto Life Ursus.
“L'obiettivo è creare un'occasione di dialogo e confronto, entrando nel merito e nel metodo del progetto”, ha spiegato Claudio Groff, collaboratore del Servizio Foreste e Fauna, “Il 2016 non ha portato finora novità eclatanti, ad eccezione dell'orso avvelenato in Val di Non a marzo e del plantigrado investito da un treno in Svizzera qualche giorno fa. Vogliamo, in altre parole, creare una cultura dell'orso, migliorandone la conoscenza senza fini propagandistici”.
La strada sembra quella giusta, se è vero che in Trentino, nelle ultime due estati, l'interesse turistico è diventato curiosità positiva. “C'è sempre la signora di una certa età che, preoccupata, chiede informazioni sulla sicurezza alla nostra Azienda, ma in genere l'interesse è per saperne di più”, ha affermato Alberta Voltolini, responsabile dell'area comunicazione dell'APT Madonna di Campiglio Pinzolo Val Rendena. “ Dal canto nostro, cerchiamo di essere propositivi nei confronti dei turisti e non ci limitiamo a rispondere alle loro domande. Inoltre cerchiamo di coinvolgere tutti gli operatori e non solo gli albergatori, seguendo l'esempio di Trentino Marketing”.
Formare ogni anno persone nuove che poi, a loro volta, ne formeranno altre è pure l'intento del Parco Naturale Adamello Brenta. “L'orso (tra i 48 e i 54 esemplari in Trentino nel 2015, ndr) va usato, non cavalcato”, ha sottolineato Andrea Mustoni, responsabile dell'Ufficio Faunistico. “Mettiamoci bene in testa che l'ambiente trentino è rispettato anche perché c'è l'orso. Noi abbiamo il privilegio di poter dire che c'è e non che c'era. L'orso, simbolo della biodiversità alpina, è ormai considerato parte del tutto, con domande del tipo: 'Dove posso vederlo e fotografarlo?'. La sensazione, insomma, è che sia 'vissuto' più dai residenti che dai turisti. E la cultura dell'orso in sede locale è focale per la salvaguardia della specie”.
Cultura che deve aiutarci a uscire da una visione antropocentrica dell’ambiente. “Noi infatti – il discorso vale anche per il lupo, che sta iniziando a colonizzare il Basso Trentino – non abbiamo mai preso posizioni estremistiche”, hanno ricordato Bepi Pinter, consigliere centrale della SAT, e Anna Sustersic, membro della Commissione Tutela Ambiente Montano, “scegliendo sempre un profilo molto basso, fedeli a uno stile sobrio, di equilibrio e conoscenze scientifiche”.
Conoscenza che è alla base della convivenza. “Dobbiamo imparare a gestire il rischio, non a evitarlo”, ha concluso l'assistente forestale Alberto Stoffella. Tenendo sempre presente, come recitano i manifesti della PAT, che l'orso è parte della nostra storia, avendo “condiviso le grotte con i nostri avi, le montagne con i nostri padri e le culle con i nostri figli”.
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