Al referendum hanno vinto indifferenza e sfiducia

Per Matteo Renzi i veri vincitori del voto di domenica sono gli operai delle piattaforme che hanno salvato il posto di lavoro. Per i suoi oppositori ha prevalso invece la strumentalizzazione di chi ha utilizzato la facile leva dell’astensionismo.

Ma la risibile percentuale del 32 per cento dei votanti segnala piuttosto un atteggiamento culturale che è invece tremendamente serio per il nostro Paese: la diffusa indifferenza verso problemi avvertiti come lontanissimi e l’ancor più grave sfiducia sulla possibilità d’incidere sulle scelte nazionali. Per tanti non resta che sfogarsi con le lamentele sui social network e gli sfottò dell’ultimo tormentone dietro il cancelletto: #ciaone.

Le trivelle hanno perforato ulteriormente il pozzo dell’apatia in cui tanti italiani sembrano voler sprofondare. Nessun aggancio con la portata simbolica di questo referendum sul futuro energetico, pochissime lettere ai giornali, nemmeno per ricordare i 300 milioni di costo della consultazione. Chi se ne importa, tanto…

Si può obiettare che non andò così al referendum sull’acqua “bene pubblico” di cinque anni fa, ma anche allora la partecipazione fu risicata: il quorum fu acciuffato con il 54%, nonostante un ampio fronte trasversale si fosse schierato per il sì. Pure chi addebita ogni colpa allo stesso strumento referendario (da rivoluzionare con un maggior numero di firme dei proponenti come vuole la riforma Boschi), deve riconoscere che la crisi di partecipazione è estesa anche alle elezioni amministrative, agli organi elettivi della scuola e della cooperazione. E la più facile modalità di coinvolgimento online introdotta dal Movimento Cinque Stelle ha dimostrato i limiti della Rete difronte a scelte articolate e complesse.

Da dove risalire? Dal fondo, che è la consapevolezza del dovere di contribuire al bene comune, assumendoci la parte che ci spetta come cittadini ed elettori. Informandoci e discutendo, alimentando il confronto, consci che tutto è politica e il motto scritto sulla lavagna da don Milani “I care” è il contrario del “chissenefrega”.

Quest’appuntamento delle trivelle “politiche” (cioè, portatrici di un significato politico, aldilà del quesito) meritava un coinvolgimento maggiore, sia per il fatto che la richiesta veniva per la prima volta dalle Regioni, sia per la valenza ecologica e planetaria alla quale il contorto quesito rimandava: nella prospettiva della “Laudato sì”, l’occasione poteva essere valorizzata maggiormente anche dalle realtà ecclesiali, generalmente tiepide.

In un referendum che chiama alle urne milioni di persone si può sempre cogliere un valore pedagogico. Potremo riparare alla lezione di aprile già nel prossimo ottobre quando saremo chiamati a confermare o annullare la recente riforma parlamentare (il testo è molto disomogeneo, qualcuno chiede lo scorporo in più quesiti) che riguarda il 35% degli articoli della Costituzione repubblicana. Se vincessero ancora indifferenza e sfiducia sarebbe il risultato peggiore.

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