“Momento storico per la nostra Chiesa”

Nella Chiesa “il vescovo è chiamato a stare in mezzo come fratello, senza paura delle debolezze umane e delle varietà dei caratteri, ma con una missione aggregante ed elevante”

Cari fratelli e sorelle,

Siamo tutti emozionati e lieti di poter partecipare a questo momento storico per la nostra Chiesa locale, poiché il Santo Padre ha chiamato alla sua guida il nostro fratello mons. Lauro ed egli – pur con la comprensibile umana esitazione ma con generosità – ha risposto il suo “Sì – Eccomi”.

  • Evento che coinvolge tutta la Chiesa

Ti circondiamo con affetto e riconoscenza e soprattutto con un’intensa preghiera allo Spirito Santo, insieme con i numerosi vescovi – alcuni giunti anche da fuori Italia – gli amati presbiteri e diaconi, le persone di vita consacrata, i tanti fedeli che si stringono a te in questa cattedrale e attorno ad essa, ma molto più numerosi ancora tramite la radio, la televisione, con le massime autorità civili, giudiziarie e militari… con tua madre e i famigliari, che saluto cordialmente.

Il Concilio Vaticano II ha evidenziato che tutto il popolo di Dio è chiamato alla santità e alla missione, ma in esso il vescovo ha un ruolo di fondamentale rilevanza.

Molte sarebbero le riflessioni che si pongono alla mente e al nostro cuore, ma pensavo opportuno andare a quelle raccomandazioni che il grande sant’Ambrogio rivolgeva al giovane vescovo Vigilio – nostro predecessore su questa cattedra episcopale – proprio all’inizio del suo episcopato. Il fatto stesso che Vigilio abbia chiesto consiglio (poposcistis a me institutionis tuae insignia quoniam novus acitus es…) indica come il ministero si eserciti in comunione nell’unico collegio episcopale, nella fraternità e nelle forme di condivisione che l’esperienza ecclesiale ha elaborato, sempre sotto la guida del successore di san Pietro e in fedeltà all’unico Vangelo che orienta il nostro agire. Tra le domande che ti saranno rivolte, una riguarda proprio questa comunione gerarchica che tu intendi promuovere.

  • Priorità nella vita apostolica

Nella sua risposta a Vigilio, sant’ Ambrogio inizia: “Primum omnium”, il che fa subito comprendere che nell’apostolato vi sono delle priorità e non tutte le possibili attività possono essere poste sullo stesso piano. Per vedere quali siano, riapriamo il Vangelo e leggiamo che Gesù scelse i Dodici perché – afferma – stessero con lui e per la missione e quindi li inviò affinché annunciassero il mistero di salvezza, l’immensità della misericordia di Dio, e sanassero gli infermi nello spirito e nel corpo, portando la pace vera e la pienezza di vita, cioè la partecipazione alla vita trinitaria di Dio. La Bibbia ci ricorda che la priorità per ogni credente resta quindi la relazione con Gesù Cristo. Tu, don Lauro, lo hai ripetuto più volte nel tuo servizio di Padre spirituale e di Vicario Generale: rapporto personale con il Salvatore a cui educare le persone, rapporto d’amore con Lui e con la gente! Alla base di tutto il nostro faticare sta la fede; non una fiducia bigotta, ma una parola che si fa carne, secondo anche il motto che tu stesso, caro don Lauro, hai scelto: “Il Verbo si è fatto carne”. Lo ricorda anche il testo evangelico che abbiamo ascoltato in questa messa. Sappiamo che sant’Ambrogio sentiva, appunto come primo compito quello di essere dispensator Verbi. Non basta una prassi, ma occorre una luce calda, che sappia rispondere alle sfide del nostro tempo, in una visione dell’esistenza umana come missione attiva, vita che fortunatamente va oltre la stessa morte.

  • Nella corresponsabilità di tutti i battezzati

In questa espressione di sant’Ambrogio, grande esperto anche degli aspetti organizzativi, vedo inoltre l’invito a non voler fare tutto da soli. Accanto al vescovo e in unione con lui, vi sono anzitutto i presbiteri e i diaconi, vi sono i Consigli diocesani, i collaboratori e collaboratrici della Curia diocesana, e con lui tutto il popolo di Dio, reso presente e corresponsabile nelle parrocchie, nelle unità pastorali e decanati, con rispettive forme di condivisione del servizio ecclesiale, in varie associazioni, gruppi di volontariato religioso e civico, movimenti, istanze più tradizionali e altre innovative. Come “pater familias” il vescovo è invitato ad amare ogni persona nel suo percorso di vita, con lo sguardo proteso in avanti. E’ un inizio incoraggiante di episcopato il vedere che sei giunto a questa cattedrale accompagnato e quasi guidato, da numerosi giovani: meritano una speciale attenzione paterna. Ma conosco il tuo cuore: aperto a tutte le persone, anziani e bambini, con uno sguardo di particolare attenzione per i sofferenti, i disabili, i disoccupati e le loro famiglie, gli sfollati. Ti sei sempre immerso, insieme con quanti operano per il bene comune, in queste problematiche della nostra gente.

  • Conoscere e amare la Chiesa locale

Infatti, sant’Ambrogio prosegue subito col dire che il Vescovo deve anzitutto “cognoscere ecclesiam Domini”. Ora sappiamo che il verbo latino cognoscere indica un’intensa condivisione ed è riflesso dello stesso amore sponsale. Esso domanda tempo per contatti con le persone e le loro istituzioni, comunicazioni frequenti con mezzi vari, sollecitudine per tutti. La “ecclesia” inoltre non è un gruppo che si è aggregato per una propria finalità, ma una comunità chiamata dal Signore, a cui dunque spetta l’iniziativa. Come vescovi restiamo spesso stupiti di fronte alla generosità di tanti battezzati e di persone di buona volontà.

La Chiesa ci precede e ci accompagna e proseguirà anche dopo di noi. In essa, come ben dice papa Francesco, il vescovo è chiamato a stare in mezzo come fratello, senza paura delle debolezze umane e delle varietà dei caratteri, ma con una missione aggregante ed elevante, disponibile con i deboli e con i forti, come scriveva san Paolo, poiché è a servizio. Egli deve però stare anche davanti indicando la via della santità di vita, della dottrina e della saggezza, affinché tutti trovino la via, la verità e la vita. Infine, osserva papa Francesco, il vescovo deve collocarsi anche dietro sia per riconoscere che l’unico vero Pastore è Cristo, sia perché ogni battezzato sviluppi la sua corresponsabilità per costruire con tutti il regno di Dio.

Sant’Ambrogio mette in luce che la Chiesa non è proprietà dell’uno o dell’altro, ma appartiene al Signore. Secondo qualche traduttore più attento al suo stile la frase di Ambrogio andrebbe tradotta: “Riconosci che la Chiesa che ti è affidata è del Signore”.

  • Posto a reggere il popolo di Dio

Certamente, egli sottolinea che questa porzione del popolo di Dio è stata posta nelle mani del vescovo (ecclesiam Domini tibi commissam), dove il verbo “committere” significa anche congiungere, attaccare. Un vescovo non si limita a orari di ufficio, ma segue costantemente tutti i fedeli ed anzitutto i sacerdoti; lo fa dalla cattedrale, dall’episcopio, ma recandosi spesso sul luogo della loro testimonianza. Sappiamo che non c’è bisogno di questa raccomandazione, caro fratello, piuttosto dovremmo dire il contrario per il tempo che vi dedichi in forma instancabile e disinteressata. Noi preghiamo il Signore perché anche la salute ti sorregga sempre a servizio di una diocesi così vasta, con la presenza di numerose vallate, nuovi gruppi etnici con diversi fermenti sociali, la presenza di varie culture e appartenenze religiose. Del resto ti inserisci in una vivacità di ecumenismo e di dialogo, di missionarietà e di solidarietà sociale sul territorio e per il mondo. Ma il Signore ci invita a guardare avanti, poiché la stanchezza è una tentazione comune e l’amore è esigente.

Nel servizio all’umanità e secondo il ruolo proprio della Chiesa che guarda a Cristo – che si è fatto umile per misericordia e per sanare i cuori contriti – è ovvia la scelta preferenziale per i più poveri spiritualmente o materialmente, iniziando da quanti non hanno il dono più alto che è concesso all’uomo, la conoscenza di Gesù Cristo.

  • Giustizia sociale e famiglia

Nella sua lettera a Vigilio sant’Ambrogio dedica ampio spazio anche ai temi sociali, alla giustizia, all’accoglienza dei viandanti. Tutta la Chiesa locale è sollecitata a rispondervi secondo la dottrina sociale della Chiesa, il Magistero dei Papi, l’evolversi della nostra società, in collaborazione con le istanze civili solidali che la fede cristiana ha tanto contribuito a far nascere, ma anche con impegno diretto della Chiesa: il vescovo ne resta il promotore primo, vigile perché non venga mai meno la carità e non si devii dalla giustizia e dalla misericordia.

Infine, il grande vescovo di Milano si sofferma a lungo sulla vocazione della famiglia, affidando anche a Vigilio il compito di sostenerla e proteggerla. Molte sono oggi le tendenze contrarie sul concetto stesso di famiglia, sul suo ruolo, sulla sua unità, sulla sua missione. Tu, caro mons. Lauro, ti trovi a guidare una diocesi che ha sempre creduto nella famiglia, che non si scoraggia per le crisi e le tempeste, ma è cosciente che il bene dell’umanità e dei singoli passa attraverso questa piccola Chiesa domestica. In essa i figli sono avviati alla vita cristiana, che poi la comunità aiuterà a sviluppare; in essa s’imparano e si praticano la corresponsabilità, la gratuità, il perdono e la collaborazione positiva.

Come famiglia ben coesa e attiva il Signore vuole tutta l’umanità nel mondo intero e nei singoli raggruppamenti ecclesiali: ci ha invitati, infatti, a chiamarci fratelli e a rivolgerci a Dio onnipotente come Padre e ci manda lo Spirito Santo per l’unità tra noi. Inoltre, ci ha donato in Maria, la prima dei discepoli, madre di misericordia, modello di santità cristiana e ausiliatrice. In questa comunione dei santi è più sereno il nostro cammino e lo sarà anche il tuo, caro mons. Lauro, mentre noi tutti preghiamo per te, ora e nel corso degli anni del tuo nuovo ministero.

Concludo con le parole stesse di Sant’Ambrogio a Vigilio: “Sta’ sano ed amaci, perché anche noi ti amiamo”!

Luigi Bressan

Arcivescovo emerito

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