L’amore del Padre si realizza tutte le volte che scopriamo il suo volto nel fratello ferito
Negli anni Ottanta con un uomo venuto da lontano cominciò nella domenica delle Palme l’avventura delle Giornate Mondiali della Gioventù, abbracciate e continuate poi dai suoi successori sulla cattedra di Pietro. Ero anch'io tra le migliaia di giovani che invasero la piazza San Pietro in quel fine settimana del 1983 lasciando in realtà mezze vuote le diocesi italiane per la celebrazione dell’inizio della grande settimana, la Settimana Santa. Questo fece si che si correggesse il tiro e si riorganizzasse la celebrazione di quello che ora è divenuto un avvenimento e appuntamento mondiale ed ecclesiale: la Giornata Mondiale della Gioventù giunta alla sua trentunesima edizione.
L’incontro dei giovani di tutto il mondo col vescovo di Roma e successore di Pietro, ha subito varie modifiche, tra le quali la periodicità che ora, causa gli onerosi costi organizzativi, è divenuta triennale, col proposito però di celebrala annualmente in ciascuna chiesa locale, attorno al proprio pastore con un tema ed un messaggio del Papa.
Dopo Rio de Janeiro, in Brasile, Francesco, ha scelto che quest’anno sia celebrata a Cracovia, in Polonia, e ha invitato i giovani a riflettere nelle tre giornate preparatorie su tre beatitudini: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 3); «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5, 8); «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7).
Nel messaggio indirizzato ai giovani per la giornata di quest’anno, che assume anche un carattere giubilare, Francesco, ha voluto in un primo momento spiegare il senso del Giubileo ed i suoi significati storici e biblici, aiutandoli a capire il senso sia religioso che umano di questa iniziativa della Chiesa le cui radici si confondono con la storia del popolo dell’alleanza che, nella Pasqua, riscopre il senso di liberazione dalla schiavitù come misericordia, amore viscerale e geloso di Dio per il suo popolo.
Ma il vescovo di Roma, ancora una volta ci sorprende, perchè parlando della misericordia ai giovani non lo fa dalla cattedra di pastore, ma dal cammino della vita raccontando la sua personale esperienza di giovane che, come tanti altri vive la sua vita, sogna un futuro, e inaspettatamente, chiamato dall’amore del Padre, passando davanti ad una Chiesa, entra e attraverso un confessore sperimenta, nel segno della riconciliazione l’amore acogliente e caldo delle sue braccia aperte che sempre ci aspettano nonostante la durezza del nostro cuore.
“Com’è bello incontrare nel sacramento della Riconciliazione l’abbraccio misericordioso del Padre, scoprire il confessionale come il luogo della Misericordia, lasciarci toccare da questo amore misericordioso del Signore che ci perdona sempre!”, scrive Francesco.
E quest’uomo venuto dalle periferie del mondo, dalla Chiesa Latino Americana che, a Medellin (Colombia) e Puebla (Messico) ha fatto la scelta preferenziale dei poveri, non si ferma alle teorie, ai trattati teologici, importanti, ma vuoti se non incontrano spazio e eco nella vita delle persone, e stimola i giovani e ciascuno di noi ad andare oltre, proponendo di vivere nei primi sette mesi un’opera di misericordia corporale e spirituale di cui sappiamo lui stesso ci sta dando l’esempio con le visite alle varie realtà ferite e dimenticate della nostra società da lui compiute un venerdì ogni mese.
Per Francesco, non si tratta di una moda, per questo il suo richiamo ad un simbolo che da sempre accompagna la vita cristiana ed i giovani del mondo intero e a loro tanto caro: la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù. Egli ci invita a contemplare, a fissare i nostri occhi e a leggere la croce come il segno più eloquente della misericordia di Dio! Essa ci attesta che la misura dell’amore di Dio nei confronti dell’umanità è amare senza misura! Nella croce possiamo toccare la misericordia di Dio e lasciarci toccare dalla sua stessa misericordia.
Capiamo allora che la Quaresima di questo anno, ci ha voluto far sperimentare che l’essenziale per la nostra vita è l’amore del Padre che si realizza tutte le volte che scopriamo il suo volto nel fratello ferito che giace abbandonato, calpestato, rifiutato, rigettato, abbandonato sulle strade della vita e come il samaritano ci curviamo, lo carichiamo sulle spalle e ci prendiamo cura di lui. Ecco la vera essenza del cristiano: la Misericordia! Buona Pasqua.
P. Gianfranco Graziola,
Vice Coordinatore Nazionale della Pastorale Carceraria – Brasile.
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