Ma chi dà voce ai profughi?

La fragile tregua di fine febbraio per il cessate il fuoco in Siria, frutto dell’accordo tra Usa e Russia, è un segnale di speranza per la popolazione siriana, dopo cinque anni di guerra e mezzo milione di vittime. L’ha salutata così il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, auspicando che tutti i membri del Gruppo Internazionale di supporto per la Siria (ISSG), fra i quali spiccano l’Unione Europea, la Lega Araba e le stesse Nazioni Unite, cooperino al meglio. Spicca, nei faticosi tentativi avviati a Ginevra per arrivare alla pace, l’assenza della voce di chi dalla Siria è stato costretto a fuggire. Lunedì 29 febbraio, mentre i primi profughi siriani arrivavano in Italia grazie al canale umanitario apertosi con il Libano, a Ginevra nel Palazzo delle Nazioni Unite Maria Mercedes Rossi – rappresentante dell’Associazione Papa Giovanni XXIII all’ONU – interveniva con altre otto organizzazioni della società civile portando la voce dei migranti e chiedendo con forza il rispetto dei loro diritti umani. “Il nostro impegno presso le Nazioni Unite – spiega Alberto Capannini – è frutto della condivisione di vita con i poveri e dell’azione di rimozione delle cause che generano povertà, ingiustizia e emarginazione, portata avanti dall’Associazione nel mondo”. A Tel Abbas l’Operazione Colomba è entrata in contatto con A.N., un leader della comunità siriana di tutta la zona di Akkar. Una volta alla settimana si incontra con altri rappresentanti dei profughi siriani per capire in che modo attivarsi e come essere coinvolti nella risoluzione del conflitto siriano. “Abbiamo incontrato i rappresentati dell’UNHCR (l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ndr) per fare le nostre proposte”, ci ha spiegato A.N., prima della partenza del primo corridoio umanitario. Anche lui era inizialmente nella lista dei partenti, ma ha preferito restare in Libano, accanto alla sua gente. “Vogliamo che la voce dei siriani in esilio nei campi profughi possa arrivare fino a Ginevra”, ci dice. “Abbiamo bisogno di libertà e di sicurezza. Ai colloqui di Ginevra vogliamo portare la voce della popolazione civile, del milione e mezzo di profughi siriani che vivono in Libano. E che sperano ancora di poter tornare, un giorno, nella loro terra”.

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