Al Centro di Formazione alla Solidarietà Internazionale si è parlato anche delle nuove barriere che negano i diritti dei rifugiati
Il 23 marzo prossimo a L’Avana (Cuba), il Governo colombiano di Juan Manuel Santos e i rappresentanti delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) firmeranno il trattato di pace per porre fine alla più longeva guerra civile dell’America latina, che in mezzo secolo ha provocato almeno 200.000 morti, migliaia di desaparecidos e fra i 7 e i 10 milioni di sfollati interni.
Si tratta di un accordo storico, che vede le donne colombiane passare da vittime per eccellenza del confitto, a protagoniste nella costruzione del percorso verso la pacificazione del Paese, partecipi attive nella costruzione di alternative economiche e solidali contro la violenza e l'accaparramento di terre e risorse.
Alla vigilia dell’8 marzo, per parlare di questo processo il Centro di Formazione alla Solidarietà Internazionale di Trento ha invitato l'attivista colombiana Yohana Lopez Almeida, rappresentante della Commissione Interecclesiale Giustizia e Pace della Colombia, organizzazione per la difesa dei diritti umani che da oltre 25 anni si batte contro l’impunità e per il riconoscimento dei diritti delle comunità. La serata è stata organizzata dall’associazione Yaku all'interno del percorso “Il Rifiuto della terra” promosso dall'associazione Il Gioco degli Specchi.
“La portata di questo accordo si può a ragione definire storica”, afferma ai microfoni di radio Trentino inBlu. “perché viene firmato col movimento che da più tempo resiste nel continente latinoamericano. Ora sarà importante il coinvolgimento della società civile nel processo di pace, per costruire un percorso nel quale ci siano anche le sue proposte”. Yohana Lopez Almeida sottolinea “il protagonismo delle donne”, che hanno saputo “prendere la parola nelle comunità” per “far avanzare la visione femminile del territorio e delle relazioni sul territorio”. Donne come l’honduregna Berta Caceres, assassinata lo scorso 2 marzo, una donna simbolo delle battaglie indigene in difesa dell’ambiente.
A unire in un ponte ideale l'Europa e la Colombia, contro modelli economici e politici che generano esclusione, povertà, diseguaglianze, conflitti è intervenuta Floriana Lipparini, della Casa delle Donne di Milano, che ha illustrato il documento “No muri, no recinti”, presentato a Bruxelles il 3 marzo scorso, per il riconoscimento dei diritti dei rifugiati in Europa.
Diritti sistematicamente negati, stando al quadro desolante del sistema di accoglienza offerto da ben tre rapporti pubblicati a poca distanza l'uno dall'altro alla fine di febbraio: il Rapporto sui centri di identificazione ed espulsione della Commissione diritti umani del Senato; il report “Accogliere: la vera emergenza”, a cura della campagna LasciateCIEntrare, e quello realizzato in collaborazione con Cittadinanzattiva e Libera, dal titolo “InCAStrati”. Emergono storie di sistematica violazione dei più elementari diritti umani, procedure opache e illegittime, incuria e speculazioni sulla pelle dei profughi e degli immigrati.
Per tornare a parlare di migrazioni, il Centro di Formazione alla Solidarietà Internazionale invita al laboratorio “Mediterraneo: l’Europa allo specchio” con l’eurodeputata Kashetu Cécile Kyenge. Appuntamento presso la sede di via San Marco a Trento venerdì 11 marzo alle 17.30.
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