L'educazione alla cittadinanza mondiale al centro del quarto incontro di Utopia500
Ascoltare, imparare dalla diversità, promuovere lo spirito critico, partire dallo sguardo dei bambini verificando attraverso il coinvolgimento diretto la bontà delle azioni intraprese nel territorio di appartenenza. Sono basi indispensabili per essere attori di cittadinanza attiva e partecipata quelle indicate da Alessio Surian, docente all'Università di Padova e consulente e membro del Research Steering Group del Programma Intercultural Cities del Consiglio d'Europa, nell'originale "lezione" tenuta sul tema "Il ruolo delle utopie nell'educazione alla cittadinanza mondiale" svoltasi al Centro per la formazione alla Solidarietà Internazionale di Trento sabato 5 marzo.
L'appuntamento, previsto nell'ambito del progetto Utopia500 promosso da Il Margine in collaborazione con il Forum trentino per la pace e i diritti umani e la Provincia autonoma di Trento, rientrava anche nel progetto europeo Global Schools che mira all'integrazione dell'educazione alla cittadinanza mondiale nelle politiche e nella didattica.
"L'utopia, intesa come qualcosa che ancora non è, porta a indicare le condizioni per realizzarla passando poi all'azione, ma nella pratica educativa è fondamentale l'unicità del singolo e per questo parlo di ucronia: significa incamminarsi verso quell'orizzonte ancora impossibile come se invece fosse attuabile, cercando di evitare che la creatività si spenga lungo il percorso", ha sottolineato Surian dialogando con il presidente della casa editrice Andrea Schir e Micaela Bertoldi (CFSI) e coinvolgendo i presenti che hanno riempito la sala in un percorso visivo ricco di citazioni, immagini, segni e rimandi a opere letterarie che hanno offerto numerose suggestioni e spunti di riflessione.
La cittadinanza è presente nella formazione delle persone non quando viene concessa, ma quando viene reclamata, e secondo il consulente si tratta di tenere insieme il rispetto per la diversità delle persone con percorsi collettivi che, attraverso forme dialogiche, siano in grado di "fare cittadinanza" piuttosto che spiegarla. "Non è possibile fare a meno di medici e insegnanti, ma ospedali e scuole sono istituzioni che poi si ritorcono contro se stesse nel momento in cui annullano la diversità del singolo". E dunque chi può trasmettere il senso di cittadinanza se la scuola per prima non abitua all'ascolto, al dialogo, al confronto?
"In un mondo dominato dalla scrittura digitale – ha proseguito -, verificare le fonti delle informazioni e della conoscenza senza trascurare l'approfondimento è una ginnastica mentale a cui non siamo più abituati: un libro non è fatto solo di parole, è comprensione che poi si traduce in azione, mentre l'immersione in internet consente di aprire più finestre dalle quali possiamo entrare e uscire a piacimento, ma la possibilità di fare molte cose contemporaneamente può annullarne la bontà e manca la dimensione meditativa che permette di collegare ciò che hai letto a letture precedenti. Per questo dobbiamo chiederci cosa perdiamo e cosa acquisiamo dalla trasformazione tecnologica che pervade la vita quotidiana".
Per ripensare la cittadinanza, inoltre, abbiamo bisogno degli occhi degli altri, ma "non siamo capaci di incontrare i migranti come esseri umani: o li respingiamo oppure li trattiamo come qualcuno che ha bisogno di noi".
La conoscenza è frutto di co-ricerca, co-produzione, da incentivare e poi verificare sul territorio stesso e Surian ha concluso affermando che "l'educazione alla cittadinanza attiva è possibile solo se viene promossa capacità dialogica e flessibilità metodologica e compito della scuola e degli educatori è stimolare la proiezione verso il domani, lasciando che sia il bambino a pensare il futuro con la sua immaginazione e creatività: Montessori e don Milani hanno dimostrato che è possibile agire nel proprio ambiente producendo cambiamenti significativi, ma oggi c'è ancora molta strada da fare a livello metodologico".
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