La Quaresima come “cammino di liberazione” per “uscire dalla nostra prigione” e aprire “le porte del nostro cuore e quelle della nostra vita”: non per fuggire da se stessi, ma per andare incontro agli altri. Senza paura
Bolzano – Mercoledì della settimana scorsa, Mercoledì delle ceneri, è stata una giornata densa di avvenimenti. Il vescovo di Bolzano-Bressanone, a Roma con più di mille chierichetti, ha incontrato in piazza papa Francesco, a Trento è stata data l’attesa notizia della nomina del nuovo arcivescovo, a Bolzano si è dato il “la” alla campagna “Io rinuncio” che anche quest’anno vuol far riflettere sulle nostre abitudini rispetto al consumo e all’uso delle cose. Tra gli eventi legati al primo giorno di Quaresima anche la pubblicazione della lettera pastorale del vescovo Ivo Muser. Porta il titolo “Aprire le porte” ed è un invito a non avere paura, ad uscire dalle proprie piccole sicurezze e a fare spazio agli altri nella propria vita, nel proprio ambito culturale e sociale.
Quello della Quaresima, scrive il vescovo, “è un cammino di liberazione”. “Cerchiamo tutti la libertà perché ci rendiamo conto, per molti aspetti, di essere prigionieri”. In particolare è la paura che ci tiene in ostaggio. “La situazione economica ci rende timorosi, sfiduciati e diffidenti verso i fratelli”. Anche “il terrorismo internazionale, amplificato dai mezzi di comunicazione, ci incute paura” e “ci toglie la lucidità di pensiero”. Ma “di fronte a tutto ciò il Vangelo ci annuncia una buona notizia: la vita prevale sulla morte, l’indifferenza è vinta dall’amore, possiamo uscire dalla prigione in cui ci siamo rinchiusi e camminare verso la libertà”.
Approfittando del cammino quaresimale, scrive mons. Muser, “siamo chiamati ad uscire dalla nostra prigione, ad abbattere i muri, a togliere la chiave alle nostre porte”. Dopo le “porte sante” “vogliamo spalancare anche altre porte, quelle del nostro cuore e quelle della nostra vita”.
In primo luogo si tratta di aprire le porte “per uscire”. “Uscire non significa affatto fuggire da se stessi e dalle proprie responsabilità, ma andare incontro agli altri. Senza paura. Troveremo sulla nostra strada persone diverse da noi per lingua, cultura, storie di vita, tradizione religiosa. La missione del cristiano non è rendere gli altri simili a sé, ma trovare nella vita, nella cultura e anche nella tradizione religiosa dell’altro i segni di quella Parola che si fa carne ovunque c’è qualcosa di genuinamente umano”. “In un certo senso sta a noi ‘far uscire’ Dio dalle prigioni in cui l’abbiamo confinato”.
In secondo luogo le porte vanno aperte “per far entrare”. “In questi mesi, in questi anni un numero sempre maggiore di uomini e donne sta alla nostra porta e bussa. È innanzitutto la porta del nostro benessere. Se migliaia di persone lasciano la loro casa e la loro famiglia, attraversano il deserto e il mare, intraprendono viaggi dall’esito a volte mortale per chiedere asilo in Europa, è principalmente perché i beni essenziali, a livello globale, sono mal distribuiti. I poveri bussano alla porta dei ricchi”.
Al documento del vescovo Muser sono allegate alcune pagine vuote e quattro domande per “continuare a scrivere questa lettera riflettendo sulla propria vita”.
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